Corriere Torino

Erbaluce e Fontina d’alpeggio, Bagnod valorizza il territorio L’impresa agricola che ha messo radici tra il Canavese e la Valle d’aosta

- Sandra Salerno

La storia di Roberto Bagnod è una storia di famiglia, di un imprendito­re che si è ispirato al lavoro dei genitori, ai loro sacrifici e successi. Nel 2018, ad Albiano d’ivrea, ha acquistato all’asta i terreni destinati alla costruzion­e di un parco divertimen­ti (Mediapolis).

Bagnod, imprendito­ri agricoli tra il Canavese e la Valle d’aosta. Quali sono le sue origini?

«Discendo da una famiglia di valdostani, i miei genitori Gino e Clelia nel 1946 per cercare lavoro sono scesi a valle. A quei tempi in montagna si poteva fare poco. In pianura il lavoro non mancava. Hanno iniziato ad allevare bovini nel Canavese, in diverse cascine; l’ultima, La Schiavenza, a Piverone, di nostra proprietà. I miei genitori hanno faticato tanto; mio nonno materno faceva il Sabotier, colui che realizza gli zoccoli di legno. Mia madre, in dote, ha ricevuto solo quelli. I miei sono stati bravi imprendito­ri, hanno costruito la loro azienda pezzo

● Il prodotto di punta è la Fontina d’alpeggio D.O.P.

In Val d’ayas, a La Tchavana, si produce il Gran Gessato d’ayas, lavorato tutto a mano

(in alpeggio) dal latte delle pecore Lacaune dopo pezzo, con passione, determinaz­ione e intelligen­za».

Ha seguito da subito le orme dei suoi genitori?

«Negli anni ’80 avevo vent’anni. A quell’età i giovani non hanno ancora bene in mente “cosa fare da grandi”: ho iniziato a vendere capannoni industrial­i, si guadagnava molto bene. Un bel giorno dico a mio padre che voglio iniziare un’attività mia, che il latte e le mucche non facevano per me, troppo poco guadagno. Si è messo a piangere, non voleva crederci. Alla fine non ce l’ho fatta, sono rimasto in azienda».

Da imprendito­re agricolo a produttore di biogas. Come ci è arrivato?

«Negli anni ’90 ho acquistato un alpeggio in Val d’ayas, volevo tornare alle origini. Il lavoro andava bene e anche gli investimen­ti immobiliar­i. Mi era rimasta questa voglia di radici, tornare da dove erano partiti i miei genitori. Nel frattempo ho fatto il presidente del Caseificio di Brusson, carica che mi ha insegnato molte cose. Non mi bastava, per la mia famiglia volevo qualcosa di diverso. Nel 2003 un amico mi parla di un’azienda tedesca che trasforma il biogas in energia elettrica: si è accesa la lampadina. Siamo andati in Germania a studiare il sistema di produzione e abbiamo iniziato. Per me era importante anche sul fronte ambientale, il biogas è una fonte energetica rinnovabil­e e sostenibil­e».

Imprendito­re a 360°: formaggi, ma anche riso, olio. Il vino, con Cellagrand­e. Come riesce a coniugare tutto?

«Con l’aiuto dei miei figli. Sono insostitui­bili. L’azienda risicola Cascina Bertona è a Santhià. Per l’olio extravergi­ne abbiamo acquistato una piccola azienda nel viterbese che segue mio figlio Alessandro. La Schiavenza è azienda agricola, ristoro, negozio e caseificio. Il prodotto di punta, la Fontina d’alpeggio D.O.P. In Val d’ayas, a La Tchavana, produciamo il Gran Gessato d’ayas, lavorato tutto a mano (in alpeggio) dal latte delle pecore Lacaune. Un formaggio incredibil­e. Ognuno di noi ha trovato la propria strada tra formaggi, riso, olio e vino; siamo riusciti a creare un paniere completo».

Quando avete acquistato Cellagrand­e?

«Nel 2017, due anni di ristruttur­azioni. Parliamo di una struttura molto importante, un ex convento benedettin­o che ha richiesto un lavoro di restauro impegnativ­o. Partiti da zero anche con la cantina; ci segue un giovane enologo, sta costruendo un bel percorso per i vini. Quattro tipologie di Erbaluce: metodo Martinotti, bianco fermo, il Metodo Classico e il Passito; alcuni rossi (Nebbiolo, Barbera e Rosso Canavese) e un Carema. Circa 55 mila bottiglie l’anno».

● Calypsos Piemonte Viognier doc 2020 azienda Montalbera di Castagnole Monferrato, realtà vitivinico­la con 110 ettari tra Langhe (a Castiglion­e Tinella) e Monferrato, una delle cantine private più grandi del Piemonte. In Monferrato le vigne ricoprono sei intere colline disposte ad anfiteatro dove il vitigno principe è l’autoctono Ruché. Franco Morando, terza generazion­e della famiglia, ama le sfide, convinto che in terra di grandi vini rossi trovano spazio anche bianchi straordina­ri. Nasce Calypsos che porta in etichetta la doc Piemonte Viognier (altra sfida vinta). Vitigno originario della valle del Rodano settentrio­nale, lavorato in purezza solamente in acciaio. Armonico con sensazioni di frutta fresca, un bouquet intenso, setoso, di buona struttura. Accompagna­m ento perfetto al pesce, alle carni bianche ma anche per l’intero pasto. 12 euro in enoteca.

● Ogni birrificio artigianal­e affonda le sue radici in una storia di amicizia, e non fa eccezione Aleghe, aperto nel 2008 quando, in una piccola realtà pedemontan­a, Coazze, cinque amici innamorati di bionde, rosse e ambrate, decidono di realizzare il sogno di diventare produttori. Aleghe è un’espression­e dialettale usata nella zona come forma di saluto ed è stata scelta da questi imprendito­ri brassicoli per rafforzare il legame con il territorio. Tra le etichette di loro produzione c’è Aleghe Tor, una birra scura a bassa fermentazi­one e tutt’altro che leggera (7,5 gradi alcolici). Ha una schiuma «color caffè — latte morbida e persistent­e — si legge sui canali ufficiali del birrificio e, chi scrive, conferma — è fatta con fave di cacao fornite dal maestro torrefatto­re Guido Castagna che, unite alla miscela di malti tostati sapienteme­nte abbinati, le donano un sapore di toffee e alcol, con una nota di cacao amaro e cioccolato sul finale».

«Ognuno di noi ha trovato la propria strada tra formaggi, riso, olio e vino»

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(piera genta) (s. d. c.)
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