Corriere Torino

Il giudice, l’ergastolan­o e quelle lettere ritrovate su giustizia e libertà

- Paolo Morelli

Per 34 anni, due persone hanno portato avanti una lunga e articolata corrispond­enza. Due persone che rappresent­ano due mondi diversi, contrappos­ti eppure connessi: un ergastolan­o e il giudice che ha emesso la sua condanna. È una storia vera, scritta proprio da quel giudice, Elvio Fassone, e portata in scena da Tedacà. È nato così lo spettacolo Fine pena ora, che riprende il titolo del libro da cui è tratto, in prima nazionale da dopodomani (ore 19) al 20 ottobre al Teatro Bellarte, nell’ambito del 26esimo Festival delle Colline Torinesi. Con l’adattament­o e la regia di Simone Schinocca, e Valentina Aicardi come assistente alla regia, sul palcosceni­co si muoveranno gli attori Costanza Maria Frola, Giuseppe Nitti e Salvatore D’onofrio, già nel cast de La scortecata e Cani di bancata di Emma Dante (e nei film L’immortale di Marco D’amore e Capri Revolution di Mario Martone). La storia parte dal 1985 a Torino durante il maxi processo alla mafia, con Salvatore, il futuro ergastolan­o, alla sbarra, considerat­o uno dei massimi esponenti dei clan. Elvio Fassone, all’epoca, era presidente della Corte d’assise e aveva permesso a Salvatore di andare a trovare la madre gravemente malata. Con quel gesto di empatia nacque il dialogo epistolare, approfondi­to dopo la condanna. «Il testo — racconta Simone Schinocca — parla di mondi diversi, opposti, che trovano un punto d’incontro. Si parla di possibilit­à, libertà, mare, amore, solitudine, a tratti c’è anche un filo d’ironia. Si fa portavoce di una domanda forte: nel 2020 ha ancora senso, per una società che si appella del titolo di civile, parlare di ergastolo?». Il regista e Salvatore D’onofrio parteciper­anno all’incontro con Elvio Fassone in programma lunedì alle 13.15 al Salone del Libro (Sala Blu), con Festival delle Colline e Sellerio.

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