Pecci, lo scudetto dei ricordi «Qui ho ancora tanti amici E il Fila è un luogo del cuore»
Eraldo Pecci si aggira per le stanze del Museo del Grande Torino di Grugliasco, guardando scatti d’epoca e pagine di giornale che gli ricordano il suo Toro. Uno degli eroi dell’ultimo scudetto granata si concede volentieri per foto e autografi: si nota chiaramente che, di tanto in tanto, tornare a immergersi nel mondo granata gli fa piacere e l’occasione è speciale, l’introduzione nella Hall of Fame granata nel giorno del 116° compleanno del Toro.
Pecci, sono passati 46 anni dallo scudetto ma i sentimenti sono sempre lì…
«Il mondo va avanti veloce ma le amicizie e i rapporti sono più forti del tempo. Certo che il Toro è stato un momento particolarmente importante della mia carriera, e qui di amici ne ho tanti…».
Guarda le partite del Toro di oggi?
«Sono molto più legato ai ricordi che alla quotidianità. I risultati mi interessano il giusto. Mi stanno a cuore altre cose, come la riapertura del Filadelfia ai tifosi».
Perché lo ritiene così importante?
«Non compreremo mai Messi, quindi il Toro per essere speciale si deve stringere attorno ai suoi simboli. Deve essere la squadra della gente. Luoghi come il Filadelfia e Superga devono essere punti di riferimento per i tifosi, anche se so che i tempi sono cambiati. Ma se si vuole, le cose si fanno».
Che ricordi ha, lei, del vecchio Filadelfia?
«C’erano a vedere gli allenamenti tifosi di tutte le età che ti dicevano: io sono del Toro perché una volta Gabetto mi diede una caramella, o perché Mazzola mi prese la mano. Respiravi tradizione e senso di appartenenza. Sembrano sciocchezze, ma non lo sono».
Come importante fu, in quel 1976, la guida di Gigi Radice?
«Il mister fu il primo a portare in Italia l’olanda. Nel senso che si ispirò a Rinus Michels, il tecnico dell’ajax che inventò un altro modo di giocare a calcio, puntando sull’aggressione alta per recuperare palla vicino alla porta avversaria. Il giocatore determinante per quel Toro? Secondo me Caporale, per come interpretava quella filosofia. Poi certo, c’erano Pulici e Graziani. Non c’era invece Ferrini: sarebbe stato giusto se quello scudetto lo avesse vinto da calciatore, per ciò che ha rappresentato».
Ma in Nazionale voi di quel Toro ci andavate poco…
«Bearzot preferiva gli juventini ché avevano più esperienza internazionale: noi nelle coppe europee abbiamo giocato poco e non sempre bene. Ma Enzo, fidatevi di me, era un vero granata».
Un aneddoto su di lui?
«Eravamo in ritiro a Villa Sassi con la Nazionale e una notte Graziani fece una scappatella per andare dalla morosa. Bearzot se ne accorse e la mattina dopo lo mise sotto torchio. Io, che sapevo tutto, coprii Ciccio. Che alla fine confessò. Ma il mister mi prese da parte e mi disse: bravo Eraldo, i compagni si difendono sempre».
Allenarsi davanti ai tifosi ti faceva respirare la tradizione
Bearzot preferiva gli juventini ma Enzo, fidatevi di me, era un vero granata