Todays, addio. Ma per il «Grande Festival» siamo in ritardo
Le preoccupazioni sul destino di Todays Festival, oggetto pure di un’interpellanza del consigliere Russi, non sono infondate ma vanno interpretate. Di fatto, nei prossimi giorni gli assessori Purchia e Carretta cercheranno di escogitare un progetto alternativo per quel festival che, privo del suo direttore Gianluca Gozzi, potrebbe trasformarsi — almeno nella location storica dello Spazio 211 — in un «presidio culturale» per la zona Nord di Torino, magari — ipotizzo — sostenuto con il solito bando per le attività estive.
Ma che ne sarà del «vecchio» Todays? Quale che sia il suo destino, mi parrebbe saggio non disperdere l’eredità positiva di una manifestazione che in otto edizioni ha proposto cartelloni di qualità seppur di nicchia (10 mila presenze totali l’estate scorsa, né la location dello Spazio 211 poteva ospitarne di più), a fronte di un totale sostegno economico da parte del Comune che tramite la Fondazione Cultura era a tutti gli effetti padrone del festival. E proprio lì, a mio avviso, stava il peccato originale di Todays: nell’idea che un Comune promuova direttamente un evento di spettacolo. Gli assessori (e i funzionari) che si improvvisano impresari compiono un’impropria invasione di campo. Non è storia di oggi: Todays lo inventarono Fassino e Braccialarghe con il preciso intento di creare un festival «proprietà del Comune», sopprimendo Traffic giusto perché il marchio apparteneva a un gruppo di organizzatori privati.
Ecco il punto dolente: il tradimento del concetto virtuoso di «sussidiarietà». Il Comune che organizza direttamente un festival mette le proprie risorse in sleale concorrenza con associazioni e privati che — con rischio d’impresa — d’estate propongono iniziative significative e onerose (Stupinigi Sonic Park, Flowers o un fenomeno davvero internazionale come Kappa Futurfestival) godendo di un sostegno pubblico solo parziale se non addirittura nullo.
Oggi però Todays non è più in auge: il Comune pare più interessato ad altri obiettivi. Si potrebbe far notare, con un pizzico di malizia, che a maggio l’estemporaneo «Exposed», il Torino Foto Festival, s’abbatterà inesorabile sulle casse pubbliche drenando abbondanti risorse, almeno 600 mila euro, che da qualche parte dovranno pur saltare fuori. Guarda caso, il budget medio di Todays s’aggirava attorno ai 600 mila euro. Si sa, il nuovo amore caccia via l’antico. Ma a prescindere dai flussi del denaro resta aperta la questione del «Grande Festival Musicale Estivo di Richiamo Internazionale» cui dai tempi di Fassino ambisce l’amministrazione civica, senza mai davvero raggiungere l’agognato obiettivo. L’assillo si era ripresentato l’estate scorsa, ai tempi del dibattito sull’opportunità di importare in franchising il Primavera Sound di Barcellona: si trattava però di pura fuffa, al limite una vaga opportunità ormai del tutto tramontata. Ma già nel 2022 Caretta e Purchia avevano rispolverato l’eterna illusione del «festival internazionale»: quella volta per «captare le energie suscitate in città dall’esperienza di Eurovision». Caretta e Purchia sollecitarono «gli operatori del settore e i music club cittadini» a proporre un progetto «unitario» per un super-evento al Parco Dora, in apertura della stagione dei festival cittadini. Purtroppo proposte concrete non ne sono arrivate. Eppure da lì si dovrà ripartire. Senza troppe illusioni, almeno per quest’anno: siamo fuori tempo massimo per combinare qualcosa di davvero importante. I contratti per l’estate si firmano d’inverno, con largo anticipo, come ben sa qualsiasi organizzatore professionista di spettacoli dal vivo. Appunto: a ciascuno il suo mestiere.