Corriere Torino

«Ero un nerd, “Blue” è nata in uno scantinato a Parella»

Gabry Ponte festeggia i 25 anni del brano conosciuto in tutto il mondo «Ora lavoro a Milano, ma quando non sono in giro torno a Torino»

- Blue, Blue Deejay Time Europop». Luca Castelli

● Gabry Ponte è nato a Torino nel 1973

● Inizia la carriera come dj e producer nel 1993 nella factory torinese Bliss Corporatio­n

● Con Maurizio Lobina e Jeffrey Jey fonda gli Eiffel 65, il cui primo singolo Blue (Da Ba Dee) (1998) diventa uno dei più grandi successi dance di tutti i tempi

● Altre hit arrivano durante la carriera solista, come l’adattament­o di Geordie di Fabrizio De André (2002) e il brano «Monster» (2019) con il produttore artistico Lum!x

● Sabato al Forum di Assago terrà il primo show celebrativ­o dei 50 anni di età e dei 25 di Blue: il 2 marzo sarà all’inalpi Arena

«In effetti, è un po’ un casino». Quando si studia la carriera di Gabry Ponte, in cerca di punti di contatto con i concerti celebrativ­i organizzat­i per il 2024 (sabato al Forum di Assago, il 2 marzo alla Inalpi Arena di Torino, poi Bologna e Roma), non tutte le cifre escono tonde. Di sicuro ci sono i 50 anni che il dj/producer ha compiuto lo scorso aprile, più arduo è risalire al big bang musicale preciso.

«Abbiamo legato gli spettacoli ai 25 anni dall’uscita di

su cui non ci sono dubbi: autunno 1998», racconta Ponte. «Se invece andiamo a scavare indietro, si potrebbe partire dai primi esperiment­i da dj a 16 anni o dall’ingresso nella Bliss Corporatio­n a 20».

Allora partiamo da Blue. Nata per spaccare il mondo?

«Tutt’altro. In quegli anni non c’erano dj superstar come Tiësto o Martin Garrix. Non facevi musica per arrivare a quel livello, ma solo perché ti piaceva in modo incondizio­nato. Eri già contento di avere in mano il vinile. Quando uscivano, io li incornicia­vo».

Come venne fuori quel brano?

«La Bliss era una sorta di factory, creata da Massimo Gabutti e Luciano Zucchet. Massimo aveva lavorato a Milano con Jovanotti e voleva investire nella dance. Era un luogo in cui si riunivano dj, musicisti e cantanti in via Crevacuore, zona Parella. Io entrai da puro dj, non sapevo nemmeno dove fosse il do sulla tastiera. è nata nello scantinato di quella casetta indipenden­te, dove potevi far musica senza rompere le scatole ai vicini».

Quando avete capito la sua portata?

«Ne uscirono 300 copie in 45 giri e andarono via lentamente. Poi ad aprile del 1999 Albertino la passò su Radio Deejay. In Italia il era il segnale: tutte le altre radio iniziarono a trasmetter­la. Il successo continuò in estate, quando la scoprirono i turisti stranieri. Arrivarono le prime richieste di licenza: Francia, Germania, poi gli Stati Uniti».

D’altronde l’europa era l’obiettivo, no? Come gruppo vi chiamavate Eiffel 65.

«Quel nome fu scelto in modo casuale, però sì, l’obiettivo era internazio­nale: il primo album si intitolava

Torniamo a Torino e alle origini. La sua è stata un’adolescenz­a tranquilla o ribelle?

«Da nerd. Mi sono appassiona­to di dance ancor prima di andare in discoteca, a 15 anni, ascoltando­la in radio. Quando i miei amici uscivano, io stavo in casa a smanettare. Ero davvero infoiato con la musica».

Prime serate da dj?

«Al Charleston in via Cavalcanti, al Mixage in via San Donato e in altri locali della città. Non so se esistono ancora. Inoltre frequentav­o i negozi di dischi, studiavo come erano prodotti. Bisogna tener conto che non c’era Internet». Sarebbe stato più facile? «Di sicuro più veloce. Ho perso un sacco di tempo. Oggi chi produciamo con la Dance and Love segue percorsi molto

Numeri da star Gabry Ponte vanta oltre 3 miliardi complessiv­i di stream su Internet e 15 milioni di ascoltator­i mensili su Spotify più rapidi. Penso a Lum!x, un ragazzo austriaco che ho scoperto sui social. Ha pubblicato il primo disco a 16 anni, io — per quanto infoiato — ho dovuto aspettare i 22».

La sua Dance and Love è a Torino?

«Lo è stata per dieci anni, poi ci siamo trasferiti a Milano. Siamo cresciuti molto, avevamo bisogno di ampliare spazi e organico e Milano è il posto più comodo anche solo per organizzar­e “writing session” con artisti internazio­nali. Quando non sono in giro, però, continuo a vivere a Torino».

Come mai?

«Oggi si lavora bene con il computer ed è a mia misura. Sto dalle parti del Valentino, magari sono qui solo uno o due giorni alla settimana, ma mi piace svegliarmi e andare a correre lungo il Po».

Questi concerti saranno feste, celebrazio­ni del passato o cosa?

«Io vedo tutto come un punto di passaggio, non mi fermo mai. L’operazione è nata come un salto nel vuoto e quando ho pensato che avrei suonato al Forum, mi sono un po’ cagato sotto. In poche settimane però è andato sold out e lo stesso è successo con Torino. Proverò parecchia ansia prima di salire sul palco ed è giusto così. Ho sempre pensato che quando inizierò uno show senza un po’ d’ansia, sarà il momento in cui smetterò di fare questo lavoro».

I ricordi

I miei amici uscivano e io stavo in casa a smanettare Poi le prime serate da dj, al Charleston e al Mixage

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