Stellantis, il grido di allarme delle Pmi «A Torino serve un altro produttore»
All’api un tavolo tra i fornitori dell’auto. Il calo di ordini e commesse mette a rischio la filiera Chiude Idrosapiens, 48 posti a rischio nell’area di Leinì Unioncamere: boom edilizia e turismo, male l’industria
Ordini in calo. Crollo del valore delle commesse. Poi l’invito di Stellantis a produrre (e anche a progettare) in paesi low cost per «proporre prezzi migliori». Svolta elettrica obbligata dala Ue ma che in Italia non decolla. E l’idea, ormai condivisa con i sindacati metalmeccanici, che un solo produttore di veicoli (Stellantis) non è sufficiente a garantire. Cresce l’allarme per il futuro dell’auto, e quindi della tenuta economica del territorio, tra le piccole imprese della filiera che ieri si sono riunite all’api di Torino, l’associazione delle Pmi, per elaborare un documento da proporre al ministro del Made in Italy Adolfo Urso.
Il primo febbraio, quando verranno discussi al ministero del Mimit, gli incentivi per risollevare il settore, tra gli invitati ci sarà Confapi, in rappresentanza di 500 aziende, e anche il piano d’azione elaborato dagli associati di Torino, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza da Stellantis e far ripartire il comparto.
Ieri, nei giorni in cui torna la cassa integrazione a Mirafiori e rallentano 500e e i modelli Maserati, ha fatto discutere, e ne hanno discusso anche gli imprenditori riuniti al tavolo auto di Api, le dichiarazioni dell’ex ministro Calenda che ha attaccato Stellantis: «non è più un’azienda italiana ma chiede soldi all’italia» e allo stesso tempo «invita i fornitori a produrre in Marocco», dove sono presenti gli stabilimenti Peugeot e dove viene assemblata la Topolino elettrica. Ad ottobre Stellantis ha presentato le opportunità di investimento nel paese nordafricano, così come in Algeria, alla filiera, in linea con la strategia di ridurre i costi dei componenti delle auto elettriche e quindi del prodotto
Stellantis ha inaugurato il 23 novembre il suo primo hub di economia circolare Sustainera, che si occupa di rigenerare componenti di veicoli esausti finale. Altre lettere sono state inviate alle società fornitrici di consulenza e di ingegneria, alle quali la multinazionale franco-italiana chiede «sconti» fino al 30%. Inviti di fatto a «delocalizzare» secondo le Pmi dell’indotto. Lo stesso ceo di Stellantis Carlos Tavares, che oggi sarà ad Atessa, negli impianti dei veicoli commerciali del gruppo, ha ribadito che la «guerra dei prezzi rischia di diventare un bagno di sangue». Perché la concorrenza dei car maker cinesi, e non solo, sul fronte dell’elettrico in Europa sta mettendo sotto pressione il mercato dell’auto. In mezzo a queste tensioni rischiano di finire stritolate le imprese più piccole.
Nel corso del vertice al tavolo dell’auto dell’api sono emerse diverse idee per cercare di uscire dall’impasse, che nei prossimi giorni saranno messe nero su bianco in un documento e poi presentate al ministro. In primo luogo c’è la consapevolezza che la microimpresa, in questo scenario, farà fatica a sopravvivere nel mondo dell’auto globalizzata. Perciò gli imprenditori chiedono al governo di istituire
Non c’è pace per l’industria piemontese. Il nuovo anno si apre in scia al 2023, con l’ennesima crisi. Dopo Lear, Te Connectivity e il forte ricorso alla cassa integrazione nella filiera dell’automotive, ieri la Idrosapiens di Leinì ha comunicato il licenziamento di tutti i 48 dipendenti per cessata attività. L’azienda fa parte del gruppo tedesco Witzenmann, una conglomerata che può contare su 4.300 addetti e su un fatturato di 730 milioni. Nello stabilimento del Torinese vengono prodotti giunti di dilatazione per il settore petrolifero e dell’aerospazio. Duro il commento dei responsabili di Fim-cisl e Fiom-cgil, Fabio Militto e Marco Femia: «La perdita di una realtà come Idrosapiens non si può spiegare con la semplice teoria del crollo del mercato e del contesto internazionale — hanno detto — . Il gruppo può far convergere sullo stabilimento tecnologia e prodotti utili a salvarlo». Domani il primo confronto all’unione Industriali di Torino. un fondo di emergenza per aiutare le Pmi a fare rete. Il sogno è quello di creare un fornitore unico di componentistica, quello che una volta, prima della cessione, era Magneti Marelli. Tanti chiedono aiuti e agevolazioni, come il credito d’imposta. Qualcuno ipotizza la nascita di un «patentino» del Made in Italy, in un riferimento neppure troppo velato, a quelle vetture Fiat e Lancia, che vengono progettate e prodotte fuori dal Paese ma poi vendute come prodotti italiani. E poi c’è un allineamento delle Pmi con le richieste dei sindacati per portare un secondo produttore di auto in Italia, e possibilmente a Torino. Il ruolo del car maker franco-italiano non viene sottovalutato, ma le Pmi si rendono conto che il tessuto produttivo ha bisogno di più committenti. Mirafiori dopo tre anni di corsa produttiva si è fermata. E ha cominciato l’anno con l’annuncio di cassa integrazione (per tre settimane a partire da febbraio) sulla linea della 500e, nei giorni in cui i modelli Maserati (Ghibli e Quattroporte), arrivano a fine ciclo.
● Ieri Api Torino ha ospitato il tavolo per l’auto a cui hanno partecipato piccole e medie imprese della filiera
● L’obiettivo è redigere un documento da presentare al Mimit il primo febbraio, dove si stanno elaborando le strategie per gli incentivi al settore
● La filiera lamenta un forte calo delle commesse, sia sul fronte dei volumi che del valore
Bene edilizia e turismo, mentre continua la contrazione di industria e commercio. Il risultato? Un’economia piemontese congelata, alla ricerca di una nuova identità. I settori storici patiscono la crisi, mentre i nuovi canali danno vita a un certo dinamismo che tuttavia riporta i conti solo a un sostanziale pareggio. È quanto si apprende dall’analisi di Unioncamere, che ha elaborato i dati dell’anno passato in base al Registro della Camera di Commercio. Nel 2023 in regione sono nate 22.679 imprese, 200 in meno rispetto al 2022 (-0,9%), un dato in controtendenza rispetto alla media nazionale (+0,7%). Allo stesso tempo aumentano le aziende che chiudono i battenti: 22.092, ovvero 184 in più rispetto al 2022. «Il tessuto imprenditoriale chiude il 2023 con un risultato stagnante — commenta Gian Paolo Coscia, presidente di Unioncamere Piemonte — che vede la nostra regione sostanzialmente ferma. Torino e Novara sono le uniche province a mettere a segno un risultato positivo, soprattutto grazie alle costruzioni e al turismo. Le istituzioni non possono che continuare a sostenere gli imprenditori, fornendo tutto il supporto necessario per creare, far crescere la propria attività. Le strade maestre da percorrere — aggiunge — sono quelle dell’innovazione e del digitale». A registrare le performance migliori sono i comparti di servizi e costruzioni, con uno sviluppo della rispettiva base di imprese dell’1,38% e 1,28%. Più indietro il turismo, con una dinamica positiva meno intensa (+0,15%). Le attività dell’industria e del commercio hanno chiuso il 2023 in calo dello 0,89% e 0,95%. Il risultato peggiore è quello dell’agricoltura, - 1,9%