Gli «strati» della storia sulla casa dei Romagnano
L’edificio tra via dei Mercanti e via Barbaroux rivela i vari interventi (ed episodi storici) avvenuti nel corso dei secoli, fin dal XIII secolo
● La casa dei Romagnano parla di ricchezza, di una famiglia nobile e tra le più potenti della Torino medievale
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Efacciamolo un salto anche nel medioevo, però. Vituperato e in effetti spesso oscuro, per decenni quasi privo, nella cultura dominante, di una connotazione identitaria precisa, secondo l’accezione più diffusa è il periodo compreso fra la caduta dell’impero Romano d’occidente, nel 476 d.c., e la scoperta dell’america, nel 1492.
Dieci secoli di transizione che per anni gli storici hanno considerato come una media aetas, un passaggio, caratterizzato dal tratto negativo delsia. la scomparsa di ogni forma di arte e pensiero classici, da una sorta di regresso culturale nella vita delle comunità umane. Come a dire che il tramonto della classicità e la caduta dell’impero romano avevano segnato la fine del mondo.
Anche gli antichi il dubbio ce l’avevano, in effetti. Tanto che Agostino d’ippona (proprio lui, il filosofo e vescovo del «tolle lege» e della conversione improvvisa) convinse Paolo Orosio, un altro teologo cristiano, a scrivere una storia universale (la prima di cui si abbia notizia nel mondo occidentale) per spiegare come l’impero romano non era protetto dagli dèi pagani, e
Alcune immagini della casa dei Romagnano in cui possono vedere i vari interventi avvenuti nel corso dei secoli: risale probabilmente al XIII secolo la finestra bifora, murata e visibile solo a metà, le altre finestre, ad arco acuto ed a crociera, sono successive aveva sofferto di varie calamità tanto prima quanto dopo l’affermarsi del Cristianesimo. In altre parole il libro doveva servire da una parte a confutare la tesi pagana che l’aver abbandonato gli dèi romani avesse provocato il sacco di Roma e dall’altra a spiegare che con questo evento, pur epocale, non era finito «il mondo», ma «un mondo». E che un altro ne era cominciato. Per l’epoca, il 418 d.c., un pensiero di straordinaria lucidità (e non per niente Dante lo mette nel Paradiso).
E Julia Augusta Taurinorum? Sappiamo che nel 355 d.c. ci passa Giuliano l’apostata per raggiungere il Monginevro e che dal febbraio del 313 d.c., cioè dall’editto di Costantino in poi, la cristianizzazione di tutta l’area piemontese aveva proceduto costante e inarrestabile, tanto che la chiesa di Torino era stata elevata a diocesi autonoma, affidata al Vescovo Massimo, tenace persecutore dell’ereda È davvero l’alba di un nuovo mondo.
In quello che sarà il Piemonte passano Ostrogoti, Saraceni, Svevi, Vandali, Burgundi, in generale popoli non romanizzati, «barbari». Cambiano gli insediamenti, che perdono l’aspetto monumenla tale. Cadono in disuso teatri, anfiteatri, terme, agorà, centri di valore sociale simbolico e istituzionale o strutture che in epoca romana avevano garantito funzioni organizzate come la rete idrica e fognaria.
Gli insediamenti si fanno dispersi e qualche volta precari, le costruzioni usano materiale di recupero, spesso molto deperibili come legno, paglia, argilla cruda.
Durante i dieci secoli del lungo medioevo, Torino non si distinse in misura rilevante rispetto al quadro insediativo generale. «Acquisì, però, un ruolo centrale quando divenne fulcro di uno dei Ducati longobardi, prima, e capitale della Marca «arduinica», poi. sua posizione le consentì di attrarre flussi di transito. In una città che restò immutata a lungo, segni di trasformazione furono, nel 1404, la nascita dello Studium — cioè dell’università — e l’acquisto, alla fine del XV secolo, del primo nucleo del Palazzo Civico parte del Comune». (Museo Torino).
Ed è a questa fase che possiamo pensare se passiamo tra via dei Mercanti e Via Barbaroux, perché è qui che si trova la casa nota come «dei Romagnano», un edificio tra i più antichi della città, abitato, e che reca sulla facciata i segni dei successivi interventi nel tempo.
Lo stabile rivela i vari interventi avvenuti nel corso dei secoli. Risale probabilmente al XIII secolo la finestra bifora, murata e visibile solo a metà. Le altre finestre, ad arco acuto e a crociera, sono successive. Sulla facciata, intorno alle finestre, si possono vedere motivi vegetali, piccole zucche, foglie di quercia e di ghiande.
La casa fa angolo con un vicolo antico, parallelo a via Barbaroux, e su questo lato sono state lasciate scoperte delle parti sulla parete che rivelano la tipica tessitura muraria medievale, a spina di pesce.
L’instancabile ingegner Brayda si adoperò anche qui, con un restauro, nel 1885, del quale esiste (ed è la prima volta) una precisa relazione. Dagli scavi condotti per quel restauro nelle immediate vicinanze emerse anche che l’edificio originario possedeva un porticato di almeno quattro arcate, che si sviluppava sul prolungamento del vicolo, e sebbene siano parzialmente murate le tracce si vedono ancora, nel cortile interno.
La casa parla di ricchezza, di una famiglia nobile e tra le più potenti della Torino medievale. Qui sarebbe stato celebrato
Le parti lasciate scoperte rivelano la tipica tessitura muraria medievale
il matrimonio tra il principe Filippo d’este e Margherita, figlia di Emanuele Filiberto, qui sarebbe vissuto Brianzo Romagnano, che (come si legge nella Guida Gat) fu Vicario a Torino, oggi lo definiremmo sindaco, per un anno; alla famiglia legata a questa casa appartenne poi Ludovico, forse il più celebre dei Romagnano perché vescovo nell’anno del famoso miracolo del Corpus Domini (che nell’ufficio del sindaco nell’attuale Palazzo di Città è dipinto davvero, sulla sommità delle pareti e sul soffitto).
Casa Romagnano fu anche luogo di rappresentanza, qui vennero ricevuti legati stranieri, come il mitico ambasciatore di Venezia, Andrea Morosini in visita a Torino. Per tenergli compagnia, nei suoi 5 giorni in città, il duca Amedeo VIII ordinò a Brianzo di Romagnano, che ricopriva la carica di scudiere ducale, di invitarlo a pranzo e intrattenerlo, aprendogli le porte della sua casa.