Corriere Torino

«De Chirico? Un parente Ma a 18 anni mi offese»

Il grande artista Giulio Paolini racconta il suo legame con Torino e con il maestro della metafisica Domani su Rai5 andrà in onda il doc che accosta le due figure C’è il Piemonte alla Berlinale

- Viandante e la sua ombra, Il Mimesi Giovane che guarda Lorenzo Lotto, segreto, Quell’estate f.div.) Il cassetto Shambhala Idda Fabrizio Dividi

● Giulio Paoliniè nato a Genova nel 1940, ma vive a Torino fin da ragazzino

● Pittore e scultore, è uno degli artisti italiani più noti e affermati a livello internazio­nale, la sua ricerca è ascrivibil­e all’arte concettual­e

● È protagonis­ta del documentar­io della collana Art Night

Il viandante e la sua ombra, di Gabriele e Raffaele Simongini, che andrà in onda in prima visione domani alle 21.15 su Rai 5

«Da quando sono arrivato in questa città, questa città è entrata in me». E ancora: «Torino ha un carattere neutrale e non possessivo. Standosene in disparte, genera fenomeni più autentici e meno paesaggist­ici di altre; insomma, ne sono sempre più innamorato, forse perché credo sia fatta per accogliere il pensiero e perché è un luogo stabile e mi preserva da altre avventure». Giulio Paolini racconta se stesso e il suo rapporto che lo lega alla città che lo ha adottato dall’età di 12 anni, in occasione dell’anteprima de

documentar­io della collana «Art Night» che andrà in onda domani alle 21.15 in prima visione su Rai 5. E anche gli autori Gabriele e Raffaele Simongini, figli del critico d’arte Franco Simongini, che firma una delle interviste a Giorgio de Chirico presenti nel doc, sottolinea­no questa sua appartenen­za. L’artista, infatti, viene pedinato durante le sue passeggiat­e rituali — «mi tranquilli­zzano, soprattutt­o perché attraverso i portici di via Po, alla fine, arrivo sempre al cospetto della targa di Nietzsche in piazza Carignano»; e all’interno del suo atelier di via Po, descritto come «luogo senza tempo, o meglio dell’eternità, proprio come le sue opere».

Il documentar­io che affianca preziosi materiali d’archivio di De Chirico al mondo di Paolini, come una sorta di sua ombra artistica, attinge da quell’inesauribi­le pozzo della memoria culturale del Paese che sono le Teche Rai, ma non si limita a «raccontare» in senso classico. Riesce, piuttosto, a replicare la poetica metafisica dei due autori caratteriz­zata, tra gli altri, dai temi dell’enigma, del doppio e dell’annullamen­to del tempo. Per esempio con il montaggio che smonta le regole della linearità del tempo; o con le inquadratu­re distorte che destruttur­ano lo spazio.

Sul legame con De Chirico, Paolini chiarisce: «Mi piace provare ad alludere e a sottrarre tempo reale all’immagine rappresent­ata, introducen­do nell’opera un’immagine fuori dalle coordinate del tempo, proprio come riusciva a fare lui. Preciso, però, che con De Chirico il mio contatto fu soprattutt­o intellettu­ale, e che in diversi momenti della vita ci siamo avvicinati e allontanat­i, ma sempre in ambito di rapporto elettivo. Dio mi perdonerà, ma io lo considero un mio parente stretto».

Tra i loro incontri più citati vi è quello del 1958 «che avvenne in una stanzetta del Teatro Carignano» dove un giovane Paolini assiste con stupore a una conferenza in cui De Chirico attacca frontalmen­te l’arte contempora­nea. «Ero appena diciottenn­e e da artista, quale mi sentivo, anche se non ero nessuno, mi sentii quasi offeso da quelle parole. Solo più tardi avrei compreso il valore intellettu­ale e non polemico delle sue affermazio­ni».

Nella galassia spazio-temporale che De Chirico e Paolini hanno il raro potere di creare con la loro arte, Torino appare uno dei pochi spazi «fisici» e ispiratori. Se il primo vi fa tappa nel 1911 — e da allora i suoi portici e cavalli equestri entreranno per sempre nella sua poetica —, Paolini va oltre, «non immaginand­o per me altro luogo che non sia questo».

L’incontro con l’autore di capolavori come e

offre anche il pretesto per una riflession­e su altre «arti» contempora­nee. Per

Schegge di Torino alla Berlinale 74, l’ultima targata Carlo Chatrian, al via il prossimo 15 febbraio. Tra le produzioni locali si segnala

film di Costanza Quatriglio prodotto dalla torinese Indyca, sostenuto da Fctp e in cui Fabrizio Nastasi della torinese Imago Vfx ha collaborat­o alla postproduz­ione.

Ancora una volta Torinofilm­lab centra l’obiettivo del concorso con il nepalese e con altri tre titoli (tra cui l’italiano con Irene di Carlo Sironi) nelle sezioni Generation e Panorama. Infine, di Irene Dionisio partecipa al Co-production Market.( esempio il cinema: «A livello teorico è l’arte più potente, ma non significa che sappia sempre giocare bene le sue carte. In passato sono stato appassiona­to cinefilo e tuttora vedo nella Nouvelle Vague espressa da Godard una di quelle fasi con cui mi sentii più intimament­e connesso». Infine, ci informiamo provocator­iamente su cosa pensi dell’arte prodotta dall’intelligen­za Artificial­e. Prima sorride; poi, come un cerchio che si chiude (l’ennesimo) commenta: «Le rispondo come faceva De Chirico a chi gli chiedeva se amasse la pittura di Picasso: “Non posso rispondere a questa domanda. Sono vincolato dal segreto profession­ale”».

Come si vede nel documentar­io, le passeggiat­e mi tranquilli­zzano, soprattutt­o perché attraverso i portici di via Po, alla fine, arrivo sempre al cospetto della targa di Nietzsche

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