«Paolo Poli è stato un atto politico senza volerlo»
SDomani, al Teatro Gioiello, un omaggio imperdibile a Paolo Poli, una delle figure — è stato attore, regista, cantante e tanto altro — più importanti, complete e intelligenti che non solo il teatro, lo spettacolo tutto, abbia avuto. Sul palcoscenico, a ricordarlo, c’è Pino Strabioli che di Poli è stato grande amico, e con lui, alla fisarmonica, c’è Marcello Fiorini. Il titolo dello spettacolo è il medesimo del libro in cui Poli si racconta a Strabioli nelle tante conversazioni fatte al ristorante che l’eclettico conduttore registrava.
«Non voleva scrivere niente. “Non sono Flaubert”, diceva. Dovrebbero ricordarselo tanti altri. Ma si fidò di me e mi permise di trascrivere quelle chiacchierate». Insieme hanno fatto tante cose, anche tournée teatrali. «Adorava Torino. Il Carignano lo considerava il suo teatro per eccellenza».
era la frase, ironica, che diceva in camerino quando entrava con i mazzi che gli lanciavano sul palco. Un rito post pièce che Strabioli gli propose come titolo, e a lui piacque. Profondamente libero, come intellettuale, come omosessuale, «la libertà per lui era non tradirsi mai. “Ho sempre vissuto in totale naturalezza l’essere me stesso”. Senza alcuna forzatura. Sicuramente lo aiutò avere due genitori nati nel 1800, di formazione laica. Paolo Poli è stato un atto politico senza volerlo essere».
E questo suo essere «profondamente sé» lo faceva amare e apprezzare da tutti, pubblico borghese compreso, che aveva certamente una matrice giudicante, «dava per scontata la sua sessualità, mai negata né mai troppo dichiarata. Oggi assistiamo a un’omofobia e una discriminazione allucinanti. Paolo resta un esempio». Strabioli lo accomuna a Dario Fo, a Carmelo Bene che, come lui, sono stati grandissimi fautori di un genere. «Solo Costanzo li ricordava. L’italia dimentica tutto e tutti». Poli era gentile, elegante, bellissimo, tanti lo ricordano. Chi magari perché aveva ascoltato le fiabe lette da lui, chi per le sporadiche apparizioni in tv, «prima di Achille Lauro, si vestiva già da Lucrezia Borgia a teatro». Aveva i suoi fedelissimi. «Restavo allibito dalla sua immensa cultura, sapeva Dante a memoria. Tutti i poeti, i pittori: “Questo cielo è Tiepolo. Questo panorama mi ricorda de Pisis...”. Senza supponenza, mai. E la gente allora andava a vedere chi era questo pittore di cui mai aveva sentito parlare».
Non voleva scrivere niente: “Non sono Flaubert”, diceva Ma si fidò dimeemi permise di trascrivere le nostre chiacchierate