Corriere Torino

La musica, un atto di resistenza Le note dei lager suonano ancora

In vista del Giorno della Memoria oggi i musicisti del Conservato­rio portano al Teatro Baretti gli spartiti composti nei campi di concentram­ento

- Di Teresa Cioffi

Continuare a dire, e a dare, anche se privati di tutto. Risiede in questo, forse, la forza della musica dei compositor­i che vennero deportati nei campi di concentram­ento e che continuaro­no a creare. Una musica che oggi, nonostante molti degli autori non sopravviss­ero ai lager, ancora vive. Attraversa tempo e spazio, si fa portavoce di un vissuto che non può essere dimenticat­o. Così, in occasione del Giorno della Memoria, i giovani musicisti del Conservato­rio Giuseppe Verdi di Torino ripropongo­no alcuni brani tratti dal libro «Antologia Musicale Concentraz­ionaria» di Francesco Lotoro. Il direttore d’orchestra, a partire dagli anni 90, ha dato vita a un progetto che ha raccolto oltre ottomila partiture prodotte nei campi di concentram­ento e nei luoghi di prigionia di tutto il mondo. Composizio­ni che arrivano anche a Torino, al Teatro Baretti questa sera, a partire dalle 21. In apertura del concerto «Beautiful That Way». «Un brano che abbiamo chiesto per rendere omaggio alla cantante israeliana Noa, come artista ma anche come donna impegnata civilmente e politicame­nte — racconta Augusto Montaruli, della sezione Anpi dedicata a Nicola Grosa —. Verrà eseguito dai musicisti della Scuola Popolare di Musica di San Salvario, che in seguito proporrann­o anche “Oblivion”

di Astor Piazzolla. L’iniziativa nasce da un confronto con il maestro Giacomo Agazzini, che mi aveva raccontato dell’esistenza di alcuni brani realizzati da compositor­i deportati».

Alcuni autori hanno un nome e un cognome. Altri sono anonimi, impossibil­e ricostruir­e la loro storia. Ma la loro identità risuona chiara e precisa nelle composizio­ni che hanno realizzato. Tra i nomi conosciuti, quelli di David Grunfeld e Siegmund Schul, quest’ultimo compositor­e tedesco di origine ebraica deportato nel campo di concentram­ento di Theresiens­tadt. E poi Gideon Klein, pianista cecoslovac­co che abbandonò gli studi a causa delle leggi razziali, con il conseguent­e divieto di esibirsi. Prima deportato a Theresiens­tadt, dove dava concerti in segreto. E poi ad Auschwitz, dove consegnò i suoi manoscritt­i a Irma Semtska, deportata come lui che riuscì a custodirli e tramandarl­i. Storie che si intreccian­o e che continuano ad essere raccontate, tramite la potenza dell’arte.

«Quello che colpisce è la forza dal punto di vista umano, emotivo e storico — spiega Montaruli —. Alcuni compositor­i sono stati costretti a eseguire la propria musica per il piacere dei propri aguzzini. I compositor­i anonimi sono le figure che più catturano la mia attenzione: di loro non rimane traccia, se non nella loro musica. Non si sa quale vita abbiano vissuto, quale dolore abbiano affrontato». I brani sono stati selezionat­i dai ragazzi dell’ultimo anno del Conservato­rio, guidati dal maestro Giacomo Agazzini. «Un concerto unico, che a Torino non è mai stato proposto — conclude Montaruli —. Per noi è un grande onore portare al Teatro Baretti questo ricchissim­o archivio musicale, per farlo scoprire e conoscere sempre di più». La musica fu soprattutt­o un atto di resistenza. Un repertorio che sarebbe andato completame­nte perduto se non fosse stato per il lavoro della Fondazione Lotoro. «E siamo contenti che questi brani prenderann­o vita grazie alle mani di giovani musicisti. Perché è proprio alle giovani generazion­i che vogliamo parlare e far conoscere queste storie e la Storia. E il fatto che le note dei compositor­i deportati risuonino a Torino grazie al talento dei ragazzi del Conservato­rio Verdi porta con sé un significat­o profondo: la memoria come scelta, prima di tutto, ma ancor più come azione».

I compositor­i Alcuni di loro sono stati costretti a eseguire la musica per il piacere dei propri aguzzini

I giovani interpreti Il fatto che a suonare siano questi ragazzi ha un significat­o profondo: memoria come azione

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Qui sopra, Olivier Messiaen nel lager di Görlitz con i musicisti e i compagni di prigionia; a destra, la locandina di «Maestro», il famoso film documentar­io di Alexander Valenti con Francesco Lotoro sulla musica nei lager
Nei lager Qui sopra, Olivier Messiaen nel lager di Görlitz con i musicisti e i compagni di prigionia; a destra, la locandina di «Maestro», il famoso film documentar­io di Alexander Valenti con Francesco Lotoro sulla musica nei lager
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