«Cucire i tessuti è una preghiera, un atto rituale»
Elizabeth Aro inaugura domani, negli spazi della Gagliardi e Domke Contemporary in via Cervino 16, la mostra — ricca di opere inedite — dal titolo Atelier Aro, che resterà allestita fino al 12 aprile. Il tentativo dell’artista argentina, stabilitasi a Milano, le cui opere si trovano in gallerie e musei di tutto il mondo, è quello di ricostruire in uno spazio esterno la stessa dimensione del suo atelier di lavoro. Molte delle sue opere sono installazioni che modificano la percezione dello spazio da parte dello spettatore. Indaga la realtà attraverso un proprio percorso interiore. Il suo lavoro si nutre di interessi interdisciplinari ed esplorazioni sulla natura che pongono lo sguardo sull’impercettibile sorprendente del quotidiano. «Di fronte a un mondo saturo di immagini, mi concentro su elementi precisi, fissando lo sguardo sui dettagli, sospendendo il tempo». Ci si perde tra foglie, ritagliate e cucite a mano (esperta), realizzate con il prezioso velluto liscio della storica manifattura Redaelli che dal 1893 si trova sul lago di Como e che da sempre viene selezionata dalle più importanti maison di moda. Il velluto permette ad Aro di stratificare l’opera di significati: «Nell’ambiguità del tessuto si gioca lo scultoreo. Cucire è uno strumento ancestrale che è da sempre un mezzo d’espressione femminile. Con questa azione rivendico uno strumento al quale la donna è stata relegata senza possibilità di scelta. Cucire è anche raccontare una storia a partire dal tessuto, è come una preghiera, una meditazione, un atto rituale».
In mostra non c’è però solo tessuto, nel linguaggio di Aro sempre si trovano anche disegni, vetro, vetri incisi, gouache che costituiscono una parte dell’esposizione. L’altra,
è la grande installazione creata su invito di Domenico Maria Papa, per Art Site Fest. «Il labirinto è un argomento che mi ha sempre intrigata e una delle sue tante simbologie è la comunicazione con le divinità. Questo è fatto in tessuto, perché il tessile non è solo un elemento di traduzione simbolica, ma è anche artefatto di relazioni sociali che ci permette di comunicare con una comunità». Molto attenta alle questioni di genere, secondo Aro la storia dell’arte andrebbe riscritta, «la mia generazione ha studiato su libri improntati al maschile». Si sente in debito con molte artiste tra cui Maria Lai, Marisa Merz, Louise Bourgeois, Meret Oppenheim, Elsa Schiapparelli, Doris Salcedo, Sheila Hicks e Cecilia Vicuña che di recente ha vinto il Leone d’oro a Venezia.
Di fronte a un mondo saturo di immagini, fisso lo sguardo sui dettagli, sospendendo il tempo