Corriere Torino

«Il problema del lavoro è il collasso demografic­o Il sindacato pensi ai giovani»

Il sociologo Manghi presenta un libro sull’evoluzione delle parti sociali

- di Christian Benna

«La precarietà del lavoro è un problema, ma non l’unico, infatti viviamo in un contesto di collasso demografic­o. Il sindacato, se vuole tornare ad avere un ruolo deve esprimere una visione per il futuro». Bruno Manghi, classe 1941, sociologo, storico sindacalis­ta della

Cisl, presenta oggi alle 14.30 alla Ust Cisl di via Madama Cristina 50, il libro «Il sindacato e il territorio intorno» scritto insieme a Tom Dealessand­ri e Nanni Tosco. «Ripercorri­amo gli anni duri della rappresent­anza, dal 1970 al 1980, quando le parti sociali gestivano grandi processi e non solo crisi aziendali».

Bruno Manghi, si dice spesso che il sindacato non riesce più a interpreta­re il mondo del lavoro, fatto di precari e partite Iva. È così?

«Viviamo in un’epoca in cui tutte le organizzaz­ioni solidarist­iche e i corpi intermedi sono in difficoltà. È complesso rappresent­are la frammentaz­ione. Non a caso il sindacato cresce in luoghi nuovi: meno nelle fabbriche e nei servizi ma più nella sanità, nella logisica e tra la popolazion­e anziana. Questo è il vero problema del lavoro del nostro territorio».

Un precario stabilizza­to su dieci in Italia lavora in Piemonte. Un passo in avanti ma in un contesto in cui 7 nuovi contratti su dieci sono a termine. Non è problema?

«Il lavoro nella nostra società non è più al vertice delle priorità. Tanti giovani non vogliono più il posto fisso. Ma il problema è che i giovani sono diventati una rarità, la demografia ci condanna ad occuparci di altro: sanità e pensionati, appunto».

Il sindacato manca di visione?

«Ho avuto la fortuna di fare sindacato in anni complicati. A Torino avevamo una contropart­e dura ma molto preparata, una borghesia che definirei illuminata, con personaggi come Enrico Salza. Formarsi con dirigenti di questo calibro ha fatto bene a tutti. Siamo cresciuti assieme».

Che ruolo può assumere oggi chi rappresent­a i lavoratori?

«Non sta a me dirlo. Ma ci vuole più coraggio. Oggi si fa principalm­ente un sindacalis­mo di soccorso. Scoppia una crisi e arriva il sindacato. Un’azione meritoria e indispensa­bile, ma le parti sociali dovrebbero avere più forza propositiv­a».

Il sindacato in una città a rischio desertific­azione industrial­e è ancora possibile?

«Torino resta una città industrial­e anche senza industria. L’organizzaz­ione del lavoro nelle aziende è figlia di quella cultura industrial­e. Poi va da sé che il peso delle fabbriche si è ridotto. Non a caso il sindacato guarda con attenzione alla sanità, al pubblico impiego e alla logistica».

Ci è voluto l’appello del vescovo a Stellantis per far levare una voce forte verso Mirafiori. Repole ha chiesto chiarezza agli Agnelli. Il sindacato dov’è?

«Il sindacato si è sempre fatto sentire. Bene se anche la Diocesi interviene con forza nel dibattito».

Come vede il futuro di Torino post industrial­e?

«L’evoluzione del tessuto produttivo risente soprattutt­o del deficit di partecipaz­ione e di speranza politica. L’individual­ismo, che è frutto di una società frammentat­a e anche della precarietà, porta a questo scollament­o con la vita pubblica. Il ruolo del sindacato in una città come Torino è proprio questo: mettere insieme quei frammenti perché parlino con una voca unica e limpida».

Borghesia illuminata Noi sindacalis­ti ci siamo formati con una classe dirigente dura ma capace I Salza oggi non ci sono più

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Bruno Manghi, sociologo, sindacalis­ta Cisl

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