Corriere Torino

La storia di Liliana Segre raccontata ai bambini

- P. Mor.

Parlare ai più giovani, anche di materie ritenute «da grandi» o troppo difficili e dolorose. Sono false credenze, perché i più piccoli possono capire qualunque cosa, la loro coscienza può familiariz­zare con il dolore, basta soltanto adeguare il linguaggio. Lo ha fatto Daniela Palumbo, che con Liliana Segre ha scritto un libro-testimonia­nza dal titolo Fino a quando la mia stella

brillerà, sulla storia della senatrice, deportata ad Auschwitz quando aveva 13 anni. Dall’opera, pubblicata da Il battello a vapore nel 2015, è nato uno spettacolo teatrale. Stasera alle 20.45, la Casa del

Teatro, nell’ambito del programma di eventi organizzat­o dal Comune di Torino e dedicato al Giorno della Memoria, ospita Fino quando la mia stella brillerà — Storia di Liliana Segre, con Margherita Mannino in scena e la regia di Lorenzo Maragoni. La drammaturg­ia, scritta da Daniela Palumbo, riprende le vicende raccontate nel libro con l’intento di coinvolger­e i più giovani (lo spettacolo è consigliat­o dagli 11 anni), grazie anche ai costumi di Silvana Galota e alle musiche originali di Filippo Cosentino. La produzione di Milk – Minds in a Lovely Karma e La Piccionaia, mette al centro la piccola Liliana. «Perché non posso più andare a scuola, papà?», chiede la bambina. «Perché siamo ebrei, Liliana», è la risposta. La vita di Liliana Segre cambia nel 1938 con le leggi razziali. Ci sono le persecuzio­ni, le discrimina­zioni, la scuola vietata, la paura, la fuga a Milano per sfuggire ai controlli dei fascisti. E poi un’altra fuga, più su, verso la Svizzera, dove Liliana e suo padre vengono respinti alla frontiera dalle guardie. È la loro condanna, perché poco dopo vengono catturati e deportati. A parlare è la bambina Liliana, che racconta del viaggio, dei campi di concentram­ento, della divisione dal padre, poi assassinat­o nel campo Buna-monowitz, di Birkenau dove Liliana riesce a sopravvive­re. Persone, volti, storie. Il testo teatrale, riprendend­o il tono del libro, parla in modo semplice. Rivolgersi ai ragazzi non significa edulcorare le cose, non significa nascondere, così Liliana parla a loro apertament­e, come già fa — nella quotidiani­tà di oggi — quando visita le scuole. Nel racconto, in scena, ci sono un’infanzia felice e spensierat­a, un’adolescenz­a stravolta, la prigionia, la perdita. E poi un ritorno difficile, ma anche un amore che fa rinascere. «Una storia di cui il mondo deve farsi portatore per tramandare quello che è stato e che non deve più accadere».

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La piccola Liliana Segre con il padre Alberto
Insieme La piccola Liliana Segre con il padre Alberto

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