Corriere Torino

I piatti del Bistrot ‘d Langa

- (rosalba graglia)

Se c’è un posto dove ti aspetti un Bistrot ‘d Langa è proprio Porta Palazzo, crocevia fra piemontesi­tà e mondo. E dove i ristoranti piemontesi, paradossal­mente, si contano. Così al Mercato Centrale si saluta con piacere la new entry di una cucina langarola pop e di tradizione, niente reinterpre­tazioni vagamente stellate ma piatti robusti e conviviali­tà. Il patron è Francesco Liboà, nato a Vicoforte nel Monregales­e, cresciuto fra plin e tajarin (già a quattro anni bazzicava nel ristorante di famiglia a Fossano), tornato al primo amore: la cucina autentica del territorio. Una cucina che rispetta la tradizione con quel tocco informale da trattoria d’una volta, dove entri e ti prendi magari solo un piatto di plin e un bunet e basta così. Certo, c’è un menù degustazio­ne (35 euro) che ti fa provare un po’ tutto, ma il bello è scegliere in libertà, fra il gran bollito con le salsine giuste, oppure la battuta di fassone con il midollo e le nocciole, i plin al sugo d’arrosto con ristretto di Barbera, come una volta, il risotto ai porcini, la guancia di vitello brasata, l’immancabil­e bunet con le nocciole e l’amaretto oppure la panna cotta o la torta di nocciole con lo zabaione. Le ricette dii famiglia insomma, di quelle trattorie contadine dove si andava la domenica o che erano una tappa di ritorno dal mare (scegliendo con cura quelle «dove si fermano i camionisti» secondo la leggenda le migliori) che si sono un po’ perse nel nuovo corso di una gastronomi­a che si ostina a modificare quello che è già perfetto com’è. Quindi se avete voglia di ritrovare piatti di una volta che seguono le stagioni, pasta fatta in casa (i plin hanno la consistenz­a giusta, i tajarin sono aerei come si deve), bagna cauda, il Bistrot ‘d Langa è da provare. In cucina insieme a Francesco, stazza da cuoco poco incline a controllar­e la bilancia, ci sono Gianluca Roberti e Marco Franciosa, piemontesi per scelta, e ad accompagna­re i piatti vini rossi ruspanti — Barbera, Nebbiolo — per i bianchi l’arneis e il solito Prosecco che ci propinano sempre. Peccato veniale, ma provare a rimediare con un vino del territorio?

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