Bugie e Tirà, Risòle e Fiacà Se Carnevale vuol dire dolci
Persino i gianduiotti hanno avuto la loro consacrazione nel Carnevale, quello del 1865 Ed ecco poi le storiche caramelle Gianduja
Il Carnevale si addice ai dolci: persino i gianduiotti hanno avuto la loro consacrazione proprio nel Carnevale del 1865. Poi però sono diventati un evergreen, mentre i protagonisti a Torino sono rimaste le bugie e le caramelle Gianduja.
Fatte di zucchero e confezionate a mano in carte esagonali con l’immagine di Gianduja, esistono in misure diverse, in genere 5 e 8 cm di diametro, e in gusti diversi oltre al classico caramello. L’origine risalirebbe al 1880, anno di nascita della fabbrica di cioccolato e caramelle De Coster che ne ha iniziato la produzione. Oggi a produrle è la ICAF, storica azienda di corso Moncalieri 204, che le vende direttamente e le distribuisce alle pasticcerie. Ma le preparano artigianalmente anche i grandi pasticceri torinesi: Stratta, Pfatisch (che le fa di cioccolato), Dell’agnese, per citarne alcuni. E poi ci sono le bugie. Perché si chiamano così? Pare per il loro aspetto «che inganna», sembrano corpose ma in realtà sono leggere e poco consistenti. Con le bugie si cimentano tutti, dai panettieri ai pasticceri più famosi. Fabrizio Galla, tre torte nella guida del Gambero Rosso, prepara bugie, zeppole ripiene, frittelle di mele, minikrapfen. Da Alessandro Dalmasso, il pasticcere più premiato d’italia, bugie vuote o ripiene di albicocca, ricotta, arance, cioccolato gianduja, zeppoline con vaniglia, cioccolato, zabaione, mele e cannella, quadratini di crema fritta. Da Pfatish c’è una boxdegustazione di bugie: ripiene, zeppoline, le classiche con un tocco di brandy nell’impasto o al cacao, e anche le bugie salate, impasto aromatizzato al basilico e un tocco di paprika. Dell’agnese oltre alle classiche propone i fiocchi di neve — zeppoline ripiene di crema al limone — e poi frittelle di mele e agnolotti dolci alla marmellata e al gianduja. Andrea Monti di Sucrà in corso Traiano fa bugie senza burro ma con la grappa nell’impasto e deliziose zeppoline ripiene.
E nel resto del Piemonte? Ogni luogo ha la sua golosità, a volte è la stessa ricetta — o con leggerissime varianti — con un nome diverso, altre hanno una storia a sé. A Ivrea, la storica panetteria Bonelli propone le Arance della Mugnaia, un dolce dalla forma del frutto ripieno di crema aromatizzata all’arancia a ricordare la tradizionale Battaglia delle arance. Nell’astigiano a Rocchetta Tanaro nella panetteria Ebrille continua la tradizione ultra centenaria della Tirà, dolce a forma di ciambella nato per festeggiare i figli che partivano per la leva e oggi dolce tipico del Carnevale, da gustare anche in fette tostate. A Vercelli i Bicciolani, biscotti di pasta frolla e spezie, portano il nome della maschera tipica del Carnevale e sono nati nel periodo rinascimentale in una bottega di piazza Cavour. Si trovano in molte pasticcerie, a cominciare dalla storica Follis. Nel Biellese a Cossato da oltre cinquant’anni la pasticceria Pezzaro produce le Mantovane, ricetta esclusiva e marchio registrato: fagottini di pasta sfoglia dalla forma semicircolare, simili alle mantovane delle tende da cui prendono il nome, soffice farcitura di mandorle e marmellata, cotte in forno e non fritte. Ad Andorno Micca nella pasticceria Crovella le Fiacà (ammaccate, per la forma irregolare) sono focaccine dolci di farina di mais, farina bianca, miele e uvetta. A Mondovì le Risòle, dolci di Carnevale a forma a mezzaluna e ripieni di confettura di mele renette, sono addirittura presidio Slow Food: le originali dalla pasticceria Comino, dove sarebbero state inventate nel 1957.
~ Se si parla di dolci di Carnevale, protagonisti nella città di Torino sono rimaste le bugie e le caramelle Gianduja
~ Nel resto del Piemonte ogni luogo ha la sua golosità, a volte si tratta della stessa ricetta con un nome diverso
~ Ea proposito di nomi legati alla festa, l’elenco è lungo: Arance, Tirà, Bicciolani, Mantovane, Fiacà, Risòle