«Amarsi è un patto, e io sono una progettista»
Da martedì al Gobetti «Il tango delle capinere», spettacolo di Emma Dante È la storia d’amore di due anziani che ballano sulle note della loro vita
«Io ci credo allo stare insieme tutta la vita. L’innamoramento è un patto, un progetto. E io sono una progettista». Emma Dante nella sua forza più deflagrante è innamorata. Da martedì a domenica arriva al Teatro Gobetti un suo nuovo meraviglioso spettacolo, Il tango delle capinere. In scena ci sono Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco che interpretano due compagni di vita che hanno una caratteristica spesso considerata tabù: sono anziani. La pièce è l’approfondimento di uno studio, Ballarini, che apparteneva alla trilogia degli occhiali. È lei a tirare il suo uomo fuori dal baule dei ricordi. È capodanno, e non vuole trascorrerlo, forse sarà l’ultimo, da sola. È una festa, ci sono baci e ci sono coriandoli, e petardi. Buon anno, amore mio.
Com’è una progettista d’amore?
«Non mi piace l’amore/ evento, quello che arriva, ti sconquassa la vita e poi rimani sola. Io credo ne “La costruzione di un amore che spezza le vene delle mani”, come canta Fossati. È faticoso, è complicato, ma per me è il traguardo, la grande sfida. Ci credo. Intorno vedo tanta frammentarietà, l’amore invece tiene insieme i corpi. Ma non sono bigotta».
Non v’era dubbio che lo fosse.
«Io credo nell’aborto, nel divorzio, in tutte quelle leggi che ti consentono di essere libera».
Lei porta in scena ciò che è difficile dirsi, cioè che si ha la voglia e il diritto di amare sempre. Anche da vecchi.
«L’anzianità non è un periodo della vita in cui si perde il desiderio. I vecchi hanno voglia di desiderare e di essere desiderati. È la scintilla che ha fatto scattare questo progetto».
Ho sentito Barbara Alberti che diceva proprio questa cosa: «È come stare a una festa, sai che te ne andrai ma intanto sei lì e sei sempre tu. Se mi dessero ancora 200 anni così li farei tutti. Il problema non è la vecchiaia, è la morte». Ci ritrova il sentimento del suo spettacolo?
«Sicuramente. È una festa questo capodanno. Il motore di tutto è lei. In scena ci sono due bauli pieni di oggetti della sua vita. E lei fa partire la macchina del tempo. E tira fuori anche il marito, morto prima di lei. È uno spettacolo semplice che non dice nulla di più di quello che vediamo. Una vita qualunque di una coppia qualunque».
L’amore vero è semplice? «Amarsi è la cosa più complicata del mondo, c’è sempre qualcuno che deve fare retromarcia, perché siamo troppo pieni del nostro ego. Diventa semplice quando si ha una grandissima sensibilità, quando c’è il senso di solidarietà, un profondo altruismo e la tolleranza».
E lei, come se la immagina questa vecchiaia?
«In realtà non me la immagino, sto per arrivarci, la vedo, ho quasi 57 anni. Il problema è che mi sento una quindicenne. C’è una bambina dietro il corpo di una donna attempata che sta per diventare anziana. Guardo dall’uscio di questa porta semi aperta e non vedo semolini, pastine in brodo, girelli, abiti tristi».
E cosa vede?
«Giocattoli, peluche. Tantissimi peluche, morbidi. E paillettes. Trucchi. E scarpe col tacco».
Il giocattolo più bello? «Una bambola, ha le mie sembianze. E si rianima quando la guardo».
Una vecchiaia dolcissima? «Nello spettacolo ho messo una frase della mia amica Natalia Aspesi, che ora ha 94 anni, e qualche anno fa mi disse: “Emma, sono così stufa di essere vecchia”. È meravigliosa, dentro c’è una grande verità».
Qualcosa o qualcuno l’ha ispirata particolarmente?
«Mia nonna Antonietta, lo spettacolo è dedicato a lei. Mi raccontava sempre del suo più grande amore, un soldato che era morto in guerra. Lei era piccolina e lui era molto alto, insieme facevano l’articolo Il, diceva. Poi, lei aveva sposato mio nonno, per cui ero nata anche io altrimenti mica sarei esistita. Ma era lui il suo amore grande».
Suo nonno lo sapeva?
«Lo diceva solo a me. Era il nostro segreto».
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