«Per salvare la fabbrica ripopolo Cortemilia»
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● Brovind è una società che opera nel settore dell’automazio nee movimentazio ne industriale
● La ceo Paola Veglio ha deciso di lottare contro il rischio spopolamento investendo non solo nell’azienda ma nei servizi e nell’attrattività del paese cuneese
● Per farlo ha fatto rinascere un albergo e un ristorante e ora pensa anche a interventi immobiliari
«Quando un giovane collaboratore presentando la lettera di dimissioni mi ha detto: “Alla Brovind ho trovato una famiglia, ma Cortemilia mi sta stretta”, ho capito che dovevo fare qualcosa, non bastava pensare solo al benessere in azienda. L’unico hotel del centro aveva chiuso da 3 anni, da 7 anni non c’era una pizzeria, il micronido era ancora solo un’idea e Brovind vibratori si stava scontrando con la mancanza di spazi. È stato allora che ho deciso che il welfare da aziendale dovesse divenire di comunità».
Parte da Brovind vibratori e dall’imprenditrice Paola Veglio la rinascita della capitale dell’alta Langa, Cortemilia, attraverso la rigenerazione urbana con un nuovo hotel, un ristorante-pizzeria, con il sostegno al micronido comunale e il recupero di un’area di 33 mila metri quadrati, quella dell’area ex Miroglio, abbandonata da 30 anni.
«Sedotta e abbandonata» dal colosso tessile, Cortemilia, 2.100 abitanti, ha pagato forte lo scotto di collegamenti difficili con Alba e quindi Torino e con Savona, ma nonostante l’isolamento, ha visto fiorire nel corso degli anni una nuova imprenditoria che parte dalla stessa Brovind passando per tutte le aziende che trasformano la nocciola più preziosa del mondo, la trilobata della Langa.
L’obiettivo di Paola Veglio è chiaro e ambizioso: «riportare Cortemilia alla sua antica magnificenza», seguendo il modello di quanto fatto con l’azienda: «Ho rilevato Brovind vibratori a inizio anni Duemila. Nel 2008 la grande crisi. Siamo stati a un passo dal fallimento, stavamo portando i libri in tribunale, quando ho tentato il tutto per tutto investendo in innovazione diversificando i nostri prodotti». La strategia paga perché l’azienda passa da meno di 4 milioni di euro di fatturato con 40 dipendenti nel 2010 ai 20 milioni di giro d’affari con 166 collaboratori attuali.
Il primo tassello nel disegno di welfare di comunità è stata la riapertura dello storico albergo nel centro del paese: «L’hotel era chiuso da tre anni, l’idea di un ristorante è nata dalla necessità di avere una mensa aziendale. Qui
«Voglio incrementare il benessere degli addetti ma anche l’ impatto per la comunità»