Processo telematico, partenza a singhiozzo
Se il processo civile telematico è un fiore all’occhiello, quello penale zoppica più di quanto ci si attendesse. Si chiama semplicemente «App» il nuovo applicativo per il deposito e la trasmissione di atti in via telematica ed è entrato in vigore a Torino lo scorso 15 gennaio, ma non nella sua totalità. Al momento i magistrati possono «caricare» sul portale solo le archiviazioni. E i problemi tecnici sono all’ordine del giorno, anzi dell’ora: ci sono inesattezze di profilazione dei sostituti procuratori e per ora non vi potrebbero accedere i Vpo. Insomma, un pasticcio informatico dietro l’altro e il superamento della «carta» è ben lontano. Così come ha sottolineato anche il presidente dell’anm Piemonte Enrico Arnaldi di Balme: «L’incompletezza dell’applicativo crea un flusso continuo di problemi tecnici, e soprattutto organizzativi, che stanno mettendo in crisi le Procure e gli uffici Gip. È difficile fare i conducenti di auto su cui si stanno ancora montando freni e pneumatici». Eppure, si inizia già a parlare d’intelligenza artificiale applicata al sistema penale. Una rivoluzione impattante, sulla quale il procuratore generale vicario Sabrina Noce invita alla cautela: «È evidente che sarà utile per aiutare i giudici ad adottare decisioni informate e basate su precedenti consolidati e autorevoli, e gli avvocati a indirizzare i clienti a scelte oculate. Il rischio, però, è quello di una standardizzazione delle decisioni, che impedirebbe all’ordinamento di evolversi con il mutato contesto di riferimento. O peggio, di utilizzare algoritmi basati su pregiudizi o volti a profilare la persona del giudice». Da qui il richiamo a «mantenere salda l’indipendenza della magistratura dagli algoritmi».