Tre sorelle di Checov: «In scena soltanto loro»
Tra Roma e Bruxelles (le loro due sedi) c’è Torino, «sarebbe un posto perfetto dove venire a stare». Da stasera fino a domenica 4 febbraio, la compagnia Muta Imago porta al Teatro Astra la sua «prima volta» con Anton Checov e lo fa con una delle sue ultime composizioni ovvero con le Tre sorelle. Per la regia di Claudia Sorace e con il suono e la drammaturgia di Riccardo Fazi, in scena ci sono tre meravigliose attrici: Federica Dordei, Monica Piseddu, Arianna Pozzoli. E gli uomini? E il fratello Andrej?
«Abbiamo preso alla lettera il titolo. Tre sorelle, quindi, in ci sono solo loro», racconta la regista Sorace. Specificando, comunque, che non si tratta di una rilettura, vedremo il dramma classico con le parole precise di Checov, «semplicemente, abbiamo fatto dire tutto a loro tre. Volevamo che fosse esclusivamente il loro di sguardo sul mondo. Uno sguardo che è anche molto contemporaneo e che probabilmente è quello dello stesso Checov che si poneva, esattamente come fanno le protagoniste, continue domande». Il senso della vita. Perché sta accadendo tutto questo (qualunque cosa sia)? E anche: perché il drammaturgo russo mette le sue questioni esistenziali in mano a delle donne, agli inizi del 900? «Tutto ciò lo si ritrova nelle sue parole. Sono le donne che, da sempre, hanno un rapporto più stretto con la vita, e anche con la morte. Pensiamo che, nel momento in cui il suo corpo stava per abbandonarlo, abbia lasciato questo compito di interpretazione del tempo al femminile». E lo scorrere del tempo è un tema cruciale per la compagnia che lo analizza anche con l’altro spettacolo in cui è impegnata, Ashes. «Per non impazzire, immaginiamo il tempo in senso lineare. Ma la scienza, la fisica quantistica, ci dicono quanto invece il tempo sia stratificato. E anche questo, c’era già in Checov».
Il gioco drammaturgico è quello di unire e disunire le protagoniste. A volte saranno loro, prese singolarmente, a volte sarà una, in questo tempo sovrapposto, «le tre interpreti sono state fantastiche poiché abbiamo chiesto loro, in scena, di lavorare come fossero una sola persona. Olga, la primogenita, cui spetta un preciso ruolo, Maša, la seconda, che vive di contraddizioni. E poi c’è Irina, la più piccola, quella cui è consentito sognare di più. Sogni che però si infrangeranno più di altri».