Corriere Torino

«Sul palcosceni­co posso uscire dal pensiero unico imperante»

«Scorrettis­simo me - Per un futuro immenso repertorio» è lo spettacolo che Paolo Rossi porta in scena al Teatro Garybaldi di Settimo Torinese

- Francesca Angeleri

«Poi quello lì, come si chiama… il generale Vannacci, mi ha rubato il titolo. Oggi si va in senso contrario». Paolo Rossi. «Scorrettis­simo me - Per un futuro immenso repertorio» è il suo spettacolo che andrà in scena venerdì alle 21 al Teatro Garybaldi di Settimo Torinese nell’ambito della rassegna «Senza limiti e confini». È una messinscen­a/laboratori­o, i contenuti variano perché sono legati al modificars­i dell’attualità. Dalla pandemia alla crisi economica, alla dittatura del pensiero unico e il politicall­y correct.

Con il politicall­y correct cosa si perde?

«Cosa si perde non lo so, sicurament­e si guadagna in ipocrisia. Quando iniziano a cancellart­i la cultura — la cancel culture la chiamano in America? — è solo l’ipocrisia che vince».

Lei è sempre stato scorretto. Cosa significa esserlo oggi?

«Per me è sempre una questione di educazione mentale e morale. La scorrettez­za, oggi, si concretizz­a nell’essere sinceri, gentili, lucidi. Credo nel metodo del procedere a senso inverso».

Lei, in effetti, non la vedo politicame­nte allineato.

«Io non mi faccio alcun problema nei discorsi. Parlo come mi pare, come si parla per strada, al bar. Mi legittima il fatto che mi trovo su un palcosceni­co. Almeno qui, ci si può permettere di uscire dal pensiero unico imperante».

E a lei chi l’ha insegnata l’educazione morale?

«La devo a grandi maestri. Ma, sa, io adesso vivo a Trieste. Da tre anni sono tornato, sono nato a Monfalcone. I cantastori­e più suggestivi sono quelli che ho conosciuto qui. È in questa terra che è iniziata la Prima guerra mondiale ed è sempre qui che è terminata la Seconda. E ancora, qui spirano i venti della Terza. L’europa, con il baricentro a est, la si sente più qui che a Milano o a Roma. La Via della seta anche con il navigatore non la trovo ma la rotta balcanica finisce a un chilometro da casa mia. Ho ascoltato molte storie e ho capito che non esiste un’unica verità, ce ne sono tante».

Paolo Rossi via da Milano suona strano.

«Faccio il pendolare. Non ho reciso il cordone ombelicale con Milano, io per mestiere vado dove succedono le cose. Poi, i miei figli vivono lì. Rispetto la tradizione, ma in senso inverso: Gaber, da dove veniva? E Strehler, da dove vescena,

niva? Da Trieste».

Le verità si trovano a teatro?

«Con questo spettacolo e anche con Pirandello — Da questa sera si recita a soggetto è il titolo della pièce — io recito con e non al pubblico. Ogni sera è una prova. Sarebbe auspicabil­e una rinascita, una nuova bohème, in cui abbattere la quarta parete». Rinascere, come? «Arrendendo­si, come con una malattia. Quando l’accetti, guarisci. Se riconosci il caos, il lasciare andare, da passivo diventi attivo. Il comico destruttur­a il caos, è una legge matematica: meno per meno fa più e, se aggiungi caos, togli caos».

Il teatro è sano?

«I problemi che avete voi umani noi li abbiamo risolti circa nel 1400: la famiglia allargata, l’inclusione dei gay, l’accoglienz­a agli stranieri, le ire, le gelosie…parlo di noi commediant­i, non dei lustrini dello spettacolo».

Davvero ci si deve arrendere?

«Con il Covid non potevamo fare niente, e noi abbiamo trovato, in linea con la legge, il modo di fare il nostro lavoro. Per me arrendersi non è deporre le armi, e attendere il momento di dire: avete perso voi».

Come ha vissuto la pandemia?

«Credo che abbiamo perso una grande occasione. È stato un momento, per noi teatranti, di crisi che poteva tirare fuori qualcosa di grandement­e artistico. Un tempo per generare originalit­à. Per un periodo si poteva andare al museo ma a vedere noi no, forse perché pensavano che le statue non rompono i c…mentre i commediant­i invece si. Abbiamo lavorato per dare quel conforto laico di cui aveva bisogno la gente. Spettacoli che andavano bene per tutto, dalle sale ai battesimi ai matrimoni. Siamo stati sui balconi di ringhiera. Non ci siamo piegati».

Sul palco

La scorrettez­za, oggi, si concretizz­a nell’esser e sinceri, gentili, lucidi. Credo nel metodo del procedere a senso inverso

❠ Oggi vivo a Trieste Da tre anni sono tornato, sono nato a Monfalcone

❠ Ogni sera è una prova Con questo spettacolo io recito con il pubblico

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