«Il mio Esodo risarcisce la memoria istriana»
La parola ha un sapore biblico, ma l’«esodo» che Simone Cristicchi porterà la prossima settimana nei teatri piemontesi (6-7 febbraio al Coccia di Novara, 8 all’alfieri di Asti e 9 alla Casa Trg di Torino), in coincidenza con il Giorno del Ricordo, racconta una storia molto più recente. «E ancora poco conosciuta: quella dell’esodo istriano dopo la Seconda Guerra Mondiale», dice il cantautore e attore teatrale romano. «Quando 350 mila italiani e decine di migliaia di sloveni e croati furono costretti a lasciare le terre che l’italia dovette cedere alla Jugoslavia come ricompense per i danni di guerra».
Quale forma prenderà sul palco?
«È un riallestimento più divulgativo del mio precedente spettacolo “Magazzino 18”. Il racconto parte da lontano, dalla Prima Guerra Mondiale, quindi prosegue con un excursus sulle foibe e arriva all’esodo. Alterno la narrazione ad alcune canzoni sul tema, mentre alle mie spalle vengono proiettate immagini di repertorio».
Questa pagina di storia è già fonte di numerose polemiche e scontri politici.
«Ne so qualcosa: nei primi tre anni di “Magazzino 18” il clamore fu tale che la Digos decise di proteggere con un presidio le repliche, perché temeva disordini. Io non voglio riaccendere focolai ideologici, prendo solo atto — e lo racconto — del silenzio che c’è stato attorno alla vicenda, esclusa persino dai libri di scuola. L’esodo è una tragedia del Novecento, non è giusto sminuirla. Così come non è giusto politicizzarla e farne la bandiera di un’unica fazione. Io parto dalle piccole storie e non faccio sconti: non ai crimini dell’esercito italiano, ma nemmeno a quelli del Maresciallo Tito».
Come reagisce il pubblico? «Ho ricevuto tanta gratitudine dai discendenti degli esuli giuliano-dalmati. Hanno capito che il mio intento è restituire dignità a chi ha sofferto ed è stato usato come capro espiatorio della guerra. Molti vivono anche a Novara e Torino, per loro “Esodo” è un risarcimento della memoria».
L’ultimo suo disco è del 2013. Cristicchi cantautore è una pagina del passato?
«Non ho smesso di scrivere canzoni, ma invece che metterle su Spotify le presento negli spettacoli. Prima o poi mi piacerebbe raccoglierle in un album di teatro-canzone».
Nel 2007 vinse il Festival di Sanremo con «Ti regalerò una rosa». Lo segue da spettatore?
«Certo. E mi piacerebbe tornarvi, quando avrò una canzone degna di essere presentata al grande pubblico».
Parto dalla Prima Guerra Mondiale per arrivare alle foibe, alternando narrazione a canzoni