Arminio presenta i suoi Canti della gratitudine
Il corpo ha bisogno di sosta. Di respirare lontano dalle tensioni della mente. La poesia di Franco Arminio arriva in soccorso, come un sospiro, come una preghiera, un mantra della semplicità e dell’anima. «Canti della gratitudine» è il suo ultimo volume di componimenti, pubblicato con Bompiani, che oggi alle 18.30 l’autore presenta alla libreria Binaria del Gruppo Abele. «C’è sul fondo di te stesso un granello di polvere, dove solo tu puoi arrivare. Quello è il tuo nome». Le parole sono importanti, con esse parli, ma soprattutto ascolti.
«La gratitudine è un po’ come la gentilezza. Non si tratta di dire grazie come forma di cortesia. Il punto è svegliarsi la mattina e affrontare il mondo con dolcezza. Aprire gli occhi sapendo che qualcuno ha già acceso il forno per fare il pane, un altro sta guidando i pullman, gli ospedali curano, il sole ha fatto il suo lavoro, gli alberi danno l’ossigeno…il mondo, quando ci svegliamo, è apparecchiato per noi. Poi, in un momento successivo, mi ricordo che il piede mi fa male o che ho litigato con mia moglie. Non è semplice essere grati».
Non è semplice, neppure è automatico. Non lo è neanche per Arminio, amatissimo, seguitissimo, più che come un poeta, come un riferimento, «diffido del santone — afferma — di chi dice: “Io non ho paura della morte”. Noi siamo mutevoli e fragili, tutto può rovesciarsi in un attimo. Il paesaggio da chiaro diventa scuro, e mi sta bene così. Siamo immersi nel mistero». La gratitudine è lontana dalla formalità, è un esercizio forte, come cambiarsi lo scheletro. Nessun intellettualismo. Altrimenti è una roba buttata lì per lì tanto per fare del buonismo. E ce n’è abbastanza, in giro. «E cerchiamo di non cadere nell’autoinganno». Però fa bene, almeno provarci, a essere grati. Cambia la vita.
Almeno un po’: «Durante la giornata ci sono dei momenti di gratitudine, sono attimi. Fanno bene al corpo, che lavora di più. Il rancore e il risentimento sono innaturali. Dire sì al mondo ci fa vivere meglio».
In questo processo di riassestamento emotivo, non illudiamoci di dover essere in equilibrio, perché non esiste. Niente centro di gravità permanente, «quello è solo dei morti, è fuorviante cercarlo. Siamo sempre su un piano inclinato, nel perenne tentativo di mettere le cose a posto. È quello, che ci dà energia».