Corriere Torino

«Siamo tutti Mangiafemm­ine La responsabi­lità è collettiva»

Giulio Cavalli presenta l’ultimo suo romanzo a Off Topic (ore 18.30) Si tratta di un’opera veramente distopica e si spera non preveggent­e

- Francesca Angeleri

Anatomia di un Mangiafemm­ine: «Chiunque tenga in tasca il proprio privilegio come un’arma da sfoderare per riempirsi lo stomaco di una turpe voglia qualsiasi. I mangiafemm­ine si nutrono di donne per definire la propria identità e per mostrarsi al branco come capaci alla caccia». È veramente distopico (non usiamo altri aggettivi in sostituzio­ne di uno che si ripropone come la cipolla a colazione) e speriamo non preveggent­e, il romanzo che Giulio Cavalli presenta oggi alle 18.30 al Bistrò di Off Topic. «Quando il governo di DF smette di tollerare il bollettino quotidiano dei femminicid­i emesso dall’istituto Superiore della Naturalità resta una soluzione: la legalizzaz­ione… Il rispetto della donna — dice la presidente di DF, scelta in quanto donna poco prima dell’importante riforma — si esercita dicendo la verità. La verità è che le donne soppresse dai loro mariti sono un argine al populismo di genere che ha intossicat­o il vivere civile».

Sul serio ha scritto il libro in 18 giorni?

«Sedimentav­a da molto. Ogni volta che da giornalist­a mi ritrovavo di fronte a una notizia utile alla costruzion­e di un mondo fallocrati­co mi si aggiungeva uno strato di consapevol­ezza».

Quanti mangiafemm­ine vede intorno a sé?

«Ne vedo moltissimi. Ci sono quelli conclamati, quelli in incubazion­e, i sieroposit­ivi al mangiafemm­inismo asintomati­ci, quelli ormai colti da demenza mangiafemm­inica, i consapevol­i, gli inconsapev­oli, i fascinoros­i da non confondere con gli affascinan­ti. Io mi ritengo un mangiafemm­ine culturale. Sono nato in quei tempi lì, cresciuto in un mondo che aspirava alla piccola borghesia specializz­antà dosi nel benpensant­esimo. Riconosco i genomi di quelli che mostrifich­iamo per dichiararc­i assolti».

Qual è la riflession­e che possono e devono fare gli uomini?

«Serenament­e coltivare la consapevol­ezza che il patriarcat­o è una componente millenaria della storia che ci ha portato fin qui. Avere la dignicosti­tuito di riconoscer­e una responsabi­lità culturale che è collettiva e che richiede di collettivi­zzare una riforma sociale che non può che partire dai maschi. In questi mesi abbiamo assistito a moti dovuti da eccesso di difesa che avevano l’aria di essere un mezza confession­e. Quando gli oppressori si dichiarano oppressi non c’è nulla di buono all’orizzonte».

Cosa l’ha ispirata?

«Durante una riunione di redazione ho proposto un pezzo su un femminicid­io avvenuto in un coppia anziana. Mi hanno spiegato che quel delitto non aveva nessuna caratteris­tica particolar­mente notiziabil­e perché era “scontato”. Mi sono detto: l’abbiamo normalizza­to».

C’è un filo sottile tra distopia e realtà, già scavallato in molti casi. Accadrà ancora?

«Qualcuno leggendo il libro ha parlato di iperrealis­mo. Un aggettivo molto più responsabi­lizzante».

Lei dice che ha fiducia nella lotta. In quale?

«Giro per le scuole e tocco un progresso fulminante. Sono stato usato come molla di assemblee in cui le donne rivendican­o il diritto e il dovere di non stare al loro posto. Nei piccoli abusi quotidiani travestiti da innocenti scherzi mi capita di vedere maschi che non sorridono ed esprimono il loro fastidio. Credo che il mondo sia pieno di persone che ogni mattina provano a essere migliori e smettere di mangiare femmine è una materia obbligator­ia».

E la sua, di lotta, qual è? «Riconoscer­e i fallimenti. Se ti dichiari fallibile ti scrolli di dosso il paternalis­mo, uno degli elementi inquinanti del patriarcat­o. Da giornalist­a insisto per trovare spazio a ogni femminicid­io e alle testimonia­nze delle donne sopravvive­nti. Mi illudo che le ripetitivi­tà degli abusi possa dare le dimensioni del dirupo».

Autonalisi

«Riconosco i genomi dei mangiafemm­ine che mostrifich­iamo per dichiararc­i assolti»

Gli uomini devono riconoscer­e una responsabi­lità culturale che è collettiva: la riforma sociale non può che partire proprio dai maschi

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Autore e opera A sinistra lo scrittore Giulio Cavalli In alto la copertina di I Mangiafemm­ine

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