«Con Aska legale si chiude un ciclo Fa bene Lo Russo»
Alberione: «Ora il Pd mi deve delle scuse»
«Pretenderei delle scuse dal Pd». Ma il Pd non c’era ancora quando lei fu cacciato dalla giunta Castellani.
«C’erano i Ds e la Margherita. Ed entrambi erano concordi: Alberione va cacciato, è vicino ai centri sociali!».
Stefano Alberione, 63 anni, commercialista, una vita da militante di sinistra, storico esponente di Rifondazione comunista, è stato uno dei protagonisti, alla fine degli anni Novanta, del contrastato rapporto tra la città di Torino e la galassia dell’antagonismo. Defenestrato una prima volta nel 1998 da Palazzo Civico, dove era assessore al Bilancio, per aver partecipato al corteo anarchico (con tanto di devastazioni) per Sole e Baleno — salvo poi essere perdonato da Valentino Castellani —, fu messo alla porta definitivamente un anno dopo, per essersi fatto notare nei settori più caldi del corteo del Primo Maggio.
Alberione, ora il sindaco di centrosinistra, Stefano Lo Russo, ha deciso di provare a far rientrare nella legalità il centro sociale Askatasuna. Per questo, chiede le scuse del centrosinistra?
«Alla luce della di questa decisione, che condivido, penso che gli eredi di quella storia, a cominciare da Castellani, mi debbano delle scuse. Lo dico con ironia, è ovvio. Ma sono serio quando affermo che, con venticinque anni di ritardo, mi è stata data ragione: è giustissimo favorire, come vuole fare il sindaco Lo Russo, il riconoscimento di una funzione pubblica esercitata dal centro sociale, valorizzando le cose positive che si fanno lì dentro e ricondurle a una forma di gestione accettabile dalla pubblica amministrazione».
E con le cose negative, a cominciare dalla violenza, come la mettiamo?
«Gli atti penalmente perseguibili sono individuali, non sono riconducibili ai frequentatori di un edificio».
Be’, a dire il vero la magistratura contesta a un nucleo di Askatasuna di essere una associazione a delinquere.
«Io non sono di Askatasuna, non lo sono mai stato. E tanto meno difendo i violenti. Anzi, critico l’idea che la ispirazione rivoluzionaria si traduca in una estetica dello scontro».
A ogni modo Lo Russo non ha intenzione di concedere l’immobile di corso Regina Margherita ad Askatasuna, anzi chiede che gli occupanti si ritirino lasciando il posto a una associazione. È un po’ diverso, non trova?
«È palese al mondo che sono due facce della stessa medaglia, e che il soggetto sia lo stesso. E lo dico, condividendo questa necessità. Poi, è del tutto comprensibile che il Comune
non possa assegnare, dal punto di vista formale, l’edificio direttamente agli occupanti. Ma la realtà è quella, è inutile negarlo».
Allora lei la pensa come la destra quando dice che Lo Russo vuole legalizzare il centro sociale?
«Sì, ma io penso che sia una cosa positiva. I centri sociali espletano sul territorio una funzione pubblica, penso quindi che la comunità debba riconoscere il valore di queste esperienze. Noi abbiamo sempre sostenuto che bisognasse avere un dialogo con queste realtà, senza criminalizzarle».
Non crede che tutto ciò avvenga ora perché quel centro sociale non abbia in realtà più la forza di sostenersi autonomamente, avendo esaurito la propria spinta propulsiva?
«È evidente che il gruppo dirigente di Aska abbia, come me, venticinque anni in più rispetto ad allora, quindi è comprensibile che si pongano il problema di mettere in sicurezza le loro attività. Ed è altrettanto evidente che negli anni abbia subito un indebolimento, essendo sotto lo schiaffo continuo della magistratura».
Non sarebbe il caso, come chiede il centrodestra, di dargli il colpo finale?
«La soluzione non è mai l’innalzamento dello scontro, ma la riduzione del danno. E l’operazione che sta facendo il sindaco Lo Russo va in questa direzione».
L’operazione Occupanti e associazione sono due facce della stessa medaglia ma va bene così