Corriere Torino

«Contrada delle Ghiacciaie» La città che cancella se stessa

L’antica cinta muraria romana è ancora visibile nell’area intorno a Porta Palazzo Il parcheggio di piazza Emanuele Filiberto conserva i resti dell’intonaco originale

- Carla Piro Mander

In certi punti della città la memoria del sottosuolo, per dirla con le parole di un gigante, è più vivida e parla più chiaro. Chi legge può forse ricordare l’aspetto che aveva la piazzetta Emanuele Filiberto, oggi zona di locali e di musica, fino a prima del 1993, quando cominciaro­no i lavori per la realizzazi­one della prima di sei autorimess­e a servizio dei mercati cittadini torinesi, progetto che avrebbe impegnato le amministra­zioni per anni e, appunto, cambiato il volto di una parte della città.

Siamo nell’area di Porta Palazzo, detta nel Settecento «Contrada delle Ghiacciaie» e in epoca romana limite della Julia Augusta Taurinorum. Oltre la linea delle mura urbane, che qui segnavano il confine nord occidental­e, lungo un tracciato oggi immaginari­o che incrocia Via della Consolata, Via delle Orfane,via Sant’agostino, Via Bellezia, Via Milano, Via Egidi e arriva fino a Via XX Settembre, c’era campagna che lentamente degradava verso la Dora.

Sappiamo che per secoli la cinta muraria romana rimase l’elemento caratteriz­zante dell’aspetto di Torino, continuand­o a definirne il confine con l’esterno. Oggi le mura sono ancora visibili e visitabili in diversi punti della città. «Una porzione — dice il Geoportale

dell’archeologi­a — della cortina settentrio­nale sopravvive, in elevato, sui due lati della Porta Palatina, sia su piazza Cesare Augusto che su via Egidi, o nelle cantine e negli interrati di diversi palazzi sorti in corrispond­enza del tracciato antico: così è in piazza Castello nel tratto tra Palazzo Madama e Palazzo Reale, in Palazzo Madama stesso, al piano interrato del Museo Egizio e dell’armeria Reale, oltre che nel parcheggio di piazza Emanuele Filiberto. Ed è appunto qui che potrete vederne un lungo tratto, se per abitudine o per caso lasciate l’auto al primo piano interrato. La tecnica di costruzion­e è quella classica: lo spessore delle mura è in fondazione di circa due metri e mezzo e si riduce progressiv­amente verso l’alto con gradini successivi. La cortina interna è realizzata in ciottoli spaccati a cui si alternano liste di mattoni poste a distanza regolare.

A cadenza regolare (poco più di settanta metri) le mura urbiche erano caratteriz­zate dalla presenza di torri ottagonali poste in corrispond­enza delle strade (come quella di Via Giulio, di cui abbiamo raccontato qui) e dalle posterle pedonali. A poca distanza dal muro urbano nel parcheggio, che appare sporco e mal segnalato da una serie di cartelli ormai sbiaditi, si può vedere, sempre al piano -1, un lungo tratto di parete di quello che secondo il numismatic­o e archeologo Giulio Cordero di San Quintino, (dal 1825 al 1832 conservato­re del Museo Egizio di Torino) dovette essere un edificio pubblico a pianta rettangola­re allungata, parallelo alla cinta muraria, forse raccordato ad essa ma in ogni caso posto all’esterno dei suoi confini. La poderosa (e anche in questo caso coperta da ragnatele) parete, irrobustit­a da un complesso sistema di fondazioni, è oggi visibile all’interno della rimessa e in un punto in alto, guardando attentamen­te, si nota come conservi ancora tracce dell’originario intonaco dipinto!

Non sappiamo quale fosse la natura di una costruzion­e così imponente, ma sappiamo che il frizzante Giulio Cordero scriveva che in quel luogo (cioè l’area della piazza, ma molti decenni prima del parcheggio) erano stati ritrovati tra il 1830 e il 1831 «non pochi membri architetto­nici, un pavimento assai grande, di costruzion­e romana, fatto con brecce e cipollini antichi, e alcuni frammenti di antiche statue» e che afferma anche, come si legge in Museotorin­o.it, di aver recuperato i marmi e di averli inseriti nella pavimentaz­ione del Museo Egizio.

Come dicevamo all’inizio, la città cambia volto e cancella se stessa, ma certo è che una serie di strutture definite da un poderoso muro e da una grande pavimentaz­ione in malta emersero nel corso della costruzion­e del sottopassa­ggio di corso Regina Margherita. Erano resti dello stesso edificio trovato da Giulio Cordero e di cui oggi vediamo una piccola parte di elevato?

Questo non lo sapremo mai, mentre sappiamo, e lo possiamo vedere ancora nello stesso parcheggio, che il nostro primo muro, quello urbano, dopo essere stato saccheggia­to per altre costruzion­i, venne «tagliato» da una delle tre grandi ghiacciaie settecente­sche che in quest’area (contrada delle ghiacciaie, appunto) richiedera­nno grandi scassi urbani. Costruite per raccoglier­e il ghiaccio per la conservazi­one delle derrate alimentari e in uso fino al 1950, sono numerose nel sottosuolo di quest’area della città, e in alcuni caso sono state valorizzat­e, come ad esempio nel caso del Mercato Centrale. In una mappa secentesca, il bastione corrispond­ente all’odierna piazza Emanuele Filiberto viene infatti chiamato anche «bastione delle ghiacciaie», cosa che fa pensare che già in quell’epoca la zona fosse adibita alla produzione del ghiaccio, raccoglien­do in depression­i naturali e artificial­i l’acqua derivata dalla Dora attraverso un sistema di canali.

Sotto piazza Emanuele Filiberto ce ne sono tre. Avevano l’accesso (in origine) dai numeri civici 13 e 15 e rampe elicoidali che consentiva­no di scendere all’interno.

Oggi, due di queste non sono visitabili, poiché insistono sulle cantine di varie abitazioni private mentre è visibile la terza, restaurata, a forma di piramide rovesciata, imponente ancora oggi a ridosso del muro, come la trovammo durante lo scavo archeologi­co dei primi anni Novanta.

Nel sottosuolo

Tra tanto sporco e alcuni cartelli sbiaditi spunta la parete di un antico edificio

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Nel parcheggio di piazza Emanuele Filiberto si trovano la ghiacciaia che nel Settecento dava il nome alla contrada e un antico muro romano
Reperti Nel parcheggio di piazza Emanuele Filiberto si trovano la ghiacciaia che nel Settecento dava il nome alla contrada e un antico muro romano
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L’imponente muro di un edificio pubblico a pianta rettangola­re allungata
I resti L’imponente muro di un edificio pubblico a pianta rettangola­re allungata

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