Corriere Torino

Truffa sulle mascherine anti-covid, chieste due condanne

In piena pandemia la Regione ne acquistò 350 mila al prezzo di 800 mila euro, ma non si trattava di Ffp2

- Simona Lorenzetti

In piena pandemia le mascherine erano un bene prezioso: servivano negli ospedali, nelle Rsa, nei pochi uffici essenziali aperti al pubblico. In quel clima di necessità la Regione Piemonte cercava di reperire sul mercato tutti i prodotti disponibil­i. Ed è così che l’asl To3 (che nella primavera del 2020 funzionava come centrale unica per gli appalti) accettò di acquistare 350 mila Ffp2 «stock» al prezzo di 800 mila euro, versando subito un lauto acconto agli offerenti. Ma quella fornitura, che avrebbe dovuto arrivare in tempi brevissimi, impiegò mesi a giungere a destinazio­ne. Inoltre, quando gli scatoloni vennero aperti si scoprì — con somma sorpresa e amarezza — che non si trattava di Ffp2 ma di mascherine chirurgich­e prive di certificaz­ione e di valore otto volte inferiore. In pratica, «dispositiv­i in panno carta»: come ha spiegato un consulente della Procura.

La storia di queste presunte truffa ai danni dello Stato e frode in pubbliche forniture è raccontata in un processo in cui sono sotto accusa un imprendito­re (la cui società ha sede a Londra) e due mediatori. Ora, al termine dell’istruttori­a dibattimen­tale, il pubblico ministero Giovanni Caspani ha chiesto per il primo l’assoluzion­e «per non aver commesso il fatto» e per gli altri due una condanna a due anni e sei mesi di reclusione. «La società ha iniziato a commerciar­e mascherine durante il Covid, gli imputati le hanno cercate online su Alibaba, segno che non erano immediatam­ente disponibil­i e hanno ingannato la pubblica amministra­zione», ha spiegato nella propria requisitor­ia il magistrato. Che ha anche sottolinea­to come nel corso delle indagini sia emerso che la sede della società era un semplice ufficio «senza alcuna struttura imprendito­riale» e come gli indagati abbiano puntato sul mercato delle mascherine «improvvisa­ndosi fornitori». In una chat, agli atti del processo, gli imputati scrivevano: «Gli healthcare sono il business dei prossimi 50 anni».

L’asl — che con la denuncia fece partire l’inchiesta — si è costituita parte civile con l’avvocato Andrea Castelnuov­o: «Ci hanno fornito della spazzatura invendibil­e. Bastava restituire i soldi, dove sono finiti?» Da qui anche la richiesta del pm di confiscare un deposito bancario, una cassetta di sicurezza e quote di un immobile milanese.

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Primavera 2020 La truffa durante l’emergenza Covid

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