«Le mie Variazioni Goldberg Sognando Regio e Berliner»
Il pianista e direttore d’orchestra piemontese Morgan Icardi (17 anni) domani al Coro di Santa Pelagia affronta il capolavoro di Bach
Per alcuni anni — da quando sono iniziate a circolare le prime immagini e informazioni su questo pianista torinese adolescente, con i capelli lunghissimi, che suonava Mozart, studiava direzione d’orchestra e raccoglieva 200mila follower su Facebook — Morgan Icardi ha incarnato alla perfezione il ruolo del ragazzo-prodigio. Oggi che il passaggio alla maggiore età è ormai dietro l’angolo (il 15 settembre), inevitabilmente l’asticella si alza e mutano aspettative e ambizioni. E quale porta migliore per entrare nel mondo dei grandi delle mitiche Variazioni Goldberg di Bach, che Icardi interpreterà domani al pianoforte al Coro di Santa Pelagia?
«Il rapporto tra umano e mito è complicato», dice Icardi, con voce già adulta. «E le Variazioni sono un brano molto difficile, dal punto di vista musicale e umano. L’esecutore deve affrontarle con la più pura chiarezza mentale».
Più difficili di Mozart, a cui ha dedicato nel 2021 il suo album d’esordio?
«Storicamente Bach e Mozart sono vicini, ma musicalmente rappresentano due universi a parte. Mozart per me è soprattutto innocenza, gioco, serenità, leggerezza, se escludiamo le cupe opere finali. Bach invece è pura architettura, qualcosa che prima di tutto devi riuscire a realizzare nella tua mente».
Per molti pianisti, le Variazioni Goldberg hanno rappresentato un momento decisivo della carriera. Quali sono le sue interpretazioni preferite?
«Tra quelle classiche, impossibile non citare le due di Glenn Gould: quella del 1955 in cui sprizzava giovinezza da tutti i pori, con tempi mostruosi e concezioni particolari, e quella del 1981 in cui trovo una saggezza matura. Tra le recenti, mi piacciono molto quelle di Beatrice Rana e Víkingur Ólafsson».
Nelle «sue» Variazioni, che spazio avranno l’improvvisazione e la contaminazione con altri linguaggi?
«Le regole nella musica sono un’illusione, sono fatte per essere infrante. Solo che l’innovazione è un campo difficile, perché ti richiede di uscire dalla comfort zone. Bisogna affrontarla con una certa cautela. A me per ora il discorso delle contaminazioni non interessa. Ciò non toglie che oggi, già solo per la possibilità di usare il pianoforte e non il clavicembalo dei tempi di Bach, abbiamo a disposizione un range timbrico straordinario e infinite dinamiche da esplorare».
Come procede il suo percorso formativo?
«Ho iniziato a suonare il pianoforte a Los Angeles, quando avevo cinque anni e le idee ancora poco chiare. Lo studio serio è iniziato al ritorno in Italia, a Torino, nel 2014. È sempre stato privato e prosegue con Anna Maria Cigoli. Inoltre, sono nell’anno finale del triennio in direzione d’orchestra alla Scuola Claudio Abbado di Milano e frequento, sempre in direzione d’orchestra con Donato Renzetti, la Scuola di alto perfezionamento musicale di Saluzzo».
Tutto questo studio lascia un po’ di spazio al tempo libero?
«Poco, perché continuo a frequentare anche il Liceo Artistico del Design. Quello che rimane lo dedico al benessere, alla palestra e a sfruttare ciò che di culturale offre Torino: amo visitare musei e assistere ai concerti».
In futuro si vede più pianista o direttore d’orchestra?
«Mi vedo continuare entrambe le strade. L’obiettivo in fondo è quello di fare musica e riuscire a donare qualcosa di mio a chi ascolta».
Una sala, un’orchestra e un’opera (o autore) con cui sogna di essere protagonista?
«Sto iniziando ad avvicinarmi all’opera lirica, ad affrontare il romanticismo con incursioni nel Novecento. le Danses Concertantes di Stravinskij mi intrigano molto. Come orchestra ho sempre amato i Berliner Philharmoniker e visto che stiamo parlando di sogni: mi piacerebbe suonare con loro come pianista solista ma anche dirigerli. In quanto alla sala, salire sul podio del Teatro Regio sarebbe un’emozione enorme».
❠ La nuova sfida
Affronto un brano molto difficile dal punto di vista musicale e anche umano Serve chiarezza mentale