Corriere Torino

La matricola Vittorio Emanuele

- Di Paolo Coccorese

In quegli anni, per fuggire alla curiosità e alle polemiche, usava presentars­i come Vittorio di Sarre. È il nome civile che il figlio dell’ultimo Re d’italia usava per evitare di farsi riconoscer­e. Salvo quel 12 novembre 1956 quando Vittorio Emanuele, scomparso sabato scorso, venne di nascosto a Torino. L’allora 19enne erede dei Savoia è stato protagonis­ta di un viaggio rimasto segreto per decenni per evitare di aprire una disputa con lo Stato che non aveva ancora cancellato il divieto di ingresso nel Paese in vigore fino al 2002. Eppure, quasi mezzo secolo prima, il papà di Emanuele Filiberto aveva attraversa­to il confine e raggiunto la città per iscriversi all’università.

Con un’intervista nel 1992, è stato lo stesso Vittorio Emanuele a svelare quell’avventura derubricat­a subito come semplice «bravata». Nonostante la realtà sia diversa: «sua altezza» raggiunse il Rettorato con la seria intenzione di iniziare un percorso di studio. A dimostrarl­o è il ricordo di chi lo accompagnò alla segreteria. «Lo incontrai all’ingresso del Circolo del Whist, con lui c’era un colonnello in pensione. Lì davanti incontramm­o anche il dottor Brinatti. Mi ricordo che bevemmo un vermut», racconta Italo Pennaroli, 91 anni, imprendito­re ed ex sindaco di

Vittorio Emanuele, Marina Doria ed Emanuele Filiberto andarono in visita alla Basilica di Superga nel 2003: nella foto a destra, in posa accanto alla tomba di Carlo Alberto

Villarbass­e. «Si è iscritto all’università di Torino, non era uno scherzo. È stato poi costretto a dire diversamen­te quando suo padre venne a conoscenza del suo viaggio».

È rimasta traccia negli archivi dell’ateneo di quella trasferta torinese del giovane Savoia. Sfogliando i registri salvati dall’alluvione, si legge il nome di «Vittorio Emanuele Alberto Carlo» figlio di «Teodoro Umberto di Savoia». Immatricol­ato con il numero di 18.611, è iscritto alla facoltà di Giurisprud­enza. L’intero percorso burocratic­o era avvenuto senza alcun problema. All’impiegato dell’università, era stato presentato il diploma dello studente «nato a Napoli nel 1937». Maturità conseguita al liceo scientific­o Vilfredo Pareto di Losanna pochi giorni prima, il 6 ottobre del 1956.

Nella colonna dei «corsi seguiti», Vittorio Emanuele aveva richiesto l’iscrizione alle lezioni di Diritto Privato, tenuto dal professore e rettore Allara, di Diritto romano, con il professor Romano, di Storia del diritto romano, di Economia politica e di Statistica. Nel registro, non sono state annotate le valutazion­i. La nobile matricola, non essendosi mai seduta in aula, non ha poi sobuto stenuto nessuno degli esami programmat­i. Ma ha continuato a pagare le tasse per mesi, fino al 23 marzo del 1957.

Al figlio dell’ultimo Re d’italia, l’università di Torino non ha fatto sconti. La prima rata — tra iscrizione, contri

La pagina del registro delle iscrizioni alla facoltà di Giurisprud­enza per il riscaldame­nto e soprattass­a esami profitto — è segnata 21.550 Lire. A cui sono aggiunte altre 5.400 Lire di «aumento» e la seconda rata di 20.250 Lire. La «scappatell­a» è costata un sacco di soldi e si è conclusa nel modo più amaro. Nelle annotazion­i si legge: «Restituito il diploma di maturità avendo l’interessat­o dichiarato di trovarsi nell’impossibil­ità di frequentar­e questa Università 7-10-1957». «Mi hanno raccontato che Re Umberto si infuriò con il figlio e con il colonnello che lo aveva accompagna­to. Avevano però attraversa­to il confine senza stratagemm­i. Il figlio del Re aveva mostrato alla frontiera italiana i documenti e i carabinier­i lo avevano anche salutato», racconta Pennaroli. Aggiunge: «Vittorio Emanuele passò l’intera giornata a Torino, forse trovò il tempo di andare alla Basilica di Superga». È lì che ha chiesto di essere seppellito.

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