Paola Lombroso Carrera, sempre dalla parte dei bimbi
A 70 anni dalla morte, la Fondazione Tancredi Barolo ricorda la giornalista, scrittrice e pedagogista
Gran donna, Paola Lombroso Carrara. Forte, determinata, capace di portare avanti le sue scelte di vita e il suo impegno «dalla parte dei bambini» in un mondo al maschile, e con un cognome così importante da rischiare di essere quasi ingombrante: figlia di Cesare Lombroso, moglie — giovanissima, a 18 anni — del medico legale Paolo Carrara, allievo di suo padre, uno dei pochi docenti universitari a rifiutarsi di giurare fedeltà al fascismo.
A 70 anni dalla morte, avvenuta a Torino il 23 gennaio del 1954, la Fondazione Tancredi Barolo presieduta da Pompeo Vagliani la ricorda giovedì prossimo 8 febbraio (MUSLI, via delle Orfane 7, ore 17.15, ingresso libero), alla presenza anche del nipote Mario Carrara, presentando gli Atti del Convegno di Studi «La storia più bella del mondo… Le bibliotechine di Zia Mariù» e il volume «Paola Lombroso Carrara. Una vita dalla parte dei bambini».
Prima di cinque fratelli, Paola nasce a Pavia il 14 marzo del 1871. Spirito ribelle fin da ragazzina, studi classici seguiti a fasi alterne, niente università, conosce Anna Kuliscioff e le idee socialiste la affascinano. Così comincia a scrivere per l’avanti! e a sostenere i diritti delle classi sociali più umili e dei bambini, per invogliarli alla lettura secondo il principio di «educare divertendo».
Così nasce l’idea di un giornale per i più piccoli, versione junior di un grande quotidiano nazionale. Il Corriere della Sera dell’epoca era un giornale liberal-conservatore diretto da Luigi Albertini, che si dimostra interessato al progetto. Paola Lombroso comincia a studiare esperienze simili, inglesi e francesi, intuisce l’importanza del fumetto, pensa a concorsi, giochi, rubriche. Il 27 dicembre 1908 esce il primo numero del Corriere dei Piccoli, «supplemento illustrato del Corriere della Sera».
È come lo aveva pensato Paola Lombroso, ma non è lei a dirigerlo bensì un uomo, Silvio Spaventa Filippi, con il supporto di Alberto Albertini, fratello di Luigi. Gli Albertini hanno preferito un collaboratore interno, residente a Milano e soprattutto maschio: «Con una donna non potremmo avere quella libertà di rapporti necessaria». «Mai è stata finora affidata a una donna la responsabilità di un giornale sia pure per ragazzi…le famiglie non capirebbero e non gradirebbero».
Interviene addirittura il leader dei socialisti Filippo Turati a sostenere i diritti di Paola Lombroso, ma alla fine si arrende e le consiglia di accettare l’unica proposta che le viene fatta: curare una rubrica di posta, da firmare con lo pseudonimo di Zia Mariù. Come Zia Mariù, Paola Lombroso scrive alcuni racconti e vara l’idea delle «Bibliotechine rurali» per promuovere la lettura e raccogliere fondi per famiglie e scuole disagiate
Ma i rapporti si fanno sempre più tesi: gli Albertini giudicano la rubrica troppo indipendente , Paola mal sopportale censure preventive sulla posta. A una lettrice che non ha ricevuto risposta, scrive: «Io non salto mai la Corrispondenza, ma ci sono i Minosse, i censori russi al Corriere dei Piccoli che cestinano la Zia Mariù. […] Arrivederci se il signor Minosse lo permetterà la settimana prossima».
La direzione impedisce la pubblicazione di queste righe e minaccia di concludere la collaborazione. Lei allora si dimette: «Tolgo il disturbo».
Negli anni successivi, si impegna in attività culturali e nelle «Bibliotechine rurali», interrotte durante il Fascismo e la guerra.
Paola Carrara Lombroso, ebrea, si rifugia in Svizzera. Rientra a Torino dopo la Liberazione a continuare il suo impegno per l’infanzia fino alla morte.
Scrive per l’avanti! e sostiene i diritti degli indifesi e delle classi sociali più umili