Tre «scioperi» in due giorni Nella fabbrica in crisi scatta la protesta spontanea
Gli operai chiedono nuovi modelli e la fine della cassa
AMirafiori l’ultimo sciopero spontaneo con corteo interno degli operai risaliva a 14 anni fa, nel pieno del durissimo scontro tra Sergio Marchionne e una Fiom Cgil che per cinque anni, dal 2010 al 2015, fu letteralmente espulsa dagli stabilimenti Fiat. Basta questo dato per far capire il clima teso che si respira oggi in fabbrica, dove gli scioperi spontanei si moltiplicano. Tre in appena due giorni.
Gli operai del primo e secondo turno hanno incrociato le braccia mentre dai vertici del gruppo arrivava la conferma che dal 31 marzo terminerà la produzione del Maserati Levante, il Suv di lusso lanciato nel 2016. Già mercoledì le tute blu del secondo turno, dopo l’assemblea con la Fiom Cgil, erano uscite in corteo dalla fabbrica sospendendo il lavoro. Pochi giorni fa è arrivata la notizia di quattro ulteriori settimane di cig per chi lavora nella fabbrica del gruppo Stellantis, che si aggiungono alle tre già decise a inizio anno. E l’ad Carlos Tavares ha avvertito che «è uno degli stabilimenti italiani più a rischio, assieme a Pomigliano». Un mix che ha fatto esplodere la rabbia e la paura degli operai. «Quando i lavoratori scioperano spontaneamente vuol dire che la situazione è arrivata al limite — ha affermato Edi Lazzi, segretario della Fiom torinese— non c’è più tempo da perdere, bisogna agire immediatamente». Lazzi auspica «la costituzione di un think tank cittadino formato dal presidente della Regione, dal sindaco di Torino, dalle organizzazioni dei lavoratori e da quelle delle imprese, dalla curia, dal Politecnico e l’università, dalle imprese a partecipazione pubblica di energia elettrica, con il compito preciso di pianificare un progetto di investimenti pubblici e privati». Un modo per «convincere Stellantis che produrre auto nella nostra città è ancora un ottimo business, non solo perché abbiamo più di 120 anni di competenze specifiche, ma grazie a un progetto organico sull’auto e l’elettrificazione». E poi, sulla possibilità di nuovi eventuali scioperi nei prossimi giorni: «Il protagonismo in questa fase è tutto dei lavoratori, sono loro a decidere. Stanno accendendo i riflettori su un problema enorme che riguarda tutta la città, perché se Torino perde l’auto non può che impoverirsi. Speriamo che il messaggio arrivi anche alla classe dirigente torinese, è ora che si prenda le proprie responsabilità».
Nel frattempo manca poco più di un mese alla fine della produzione a Mirafiori della Maserati Levante, che termina il suo ciclo vita il 31 marzo. «Mirafiori continua a perdere prodotti, mentre i lavoratori hanno bisogno di risposte e certezze, non di generale solidarietà, ma di impegni e verità. Il sindacato è con loro», commenta Giorgio Airaudo, segretario generale della Cgil Piemonte.
Anche per questo oggi ci sarà un incontro tra Fim, Fiom e Uilm e i confederali regionali. L’obiettivo è quello di «scuotere» il sindaco Lo Russo e il presidente Cirio, coinvolgendoli nella lotta per ottenere un nuovo modello. Ma anche superare le divisioni tra sindacati. «Occorre essere concreti e non strumentalizzare la questione — commenta Igor Albera, della Fim Cisl — la missione produttiva dello stabilimento è da chiarire e consolidare, con prospettive a breve e lungo termine».
Dello stesso avviso Rocco Cutrì, segretario generale della Fim Cisl Torino: «Serve un nuovo prodotto di largo consumo per assicurare stabilità — spiega — a cui va aggiunta l’anticipazione delle future auto a marchio Maserati. È l’ora della concretezza e della progettualità, elementi su cui si era basata l’iniziativa unitaria dei metalmeccanici. Le azioni scomposte oggi sono un errore».
Edi Lazzi (Fiom) Siamo arrivati al limite Si devono muovere le istituzioni
Rocco Cutrì (Fim) Serve un nuovo modello di auto per rilanciare Mirafiori