Caso Zacà, «lecito cancellare un candidato dalla lista»
Le motivazioni dell’assoluzione di Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera
Il patto che gli organi di partito stipulano con i cittadini sottoscrittori di una lista elettorale non è «immodificabile quanto ai nominativi dei candidati». Se così fosse, «qualsiasi variazione dell’elenco costituirebbe una variazione dell’accordo tale da imporre una nuova raccolta firme», ma le norme vigenti dimostrano che così non è: ci sono «numerosissime ipotesi in cui, dopo la firma dei sottoscrittori, l’elenco dei candidati che effettivamente parteciperanno alla competizione elettorale viene validamente ridotto con il depennamento di uno o più nominativi». In sostanza, quando Stefano Zacà venne cancellato dalla lista della Lega non è stato compiuto alcun illecito.
Così il giudice Paolo Gallo spiega la ratio tecnico e giuridica che ha portato al verdetto di assoluzione per il capogruppo alla Camera e segretario regionale del Carroccio Riccardo Molinari, il parlamentare e segretario provinciale del partito Alessandro Benvenuto e Fabritorno zio Bruno, all’epoca delegato al deposito delle liste (difesi dall’avvocato Luca Gastini). Per tutti l’accusa era di falso materiale «mediante alterazione e/ o sostituzione di atto vero destinato a operazione elettorale». L’intera vicenda ruota at
alle amministrative del 2020 a Moncalieri. Zacà aveva lasciato Forza Italia, ma ben presto era entrato a far parte della compagine leghista. Il capogruppo della Lega di Moncalieri Arturo Calligaro, in accordo con Benvenuto, gli aveva offerto un posto in lista. Tra il 5 e il 6 agosto, però, l’ex forzista è diventato un caso politico. Forza Italia considerava la sua candidatura una scortesia e non ne ha fatto mistero con Molinari. E il 10 agosto, quando ormai la raccolta firme era conclusa, il nome di Zacà fu depennato. Da qui le accuse della Procura ai tre esponenti politici. Ora il giudice sottolinea che la decisione di cancellare Zacà avvenne «alla luce del sole»: venne tracciata una riga sul suo nome e la scelta certificata con una sigla. Quindi, nessun comportamento «fraudolento e delittuoso» che esprimesse la volontà degli imputati di «alterare un documento». Solo un mero «atto giuridico di esclusione».