Corriere Torino

In dieci anni chiusi mille bar A Torino crescono solo i ristoranti

Coppa, Ascom: «La città è a rischio desertific­azione»

- Di Nicolò Fagone La Zita

Spuntano come funghi, proponendo qualsiasi varietà culinaria. Dal nippo-brasiliano al thailandes­e. Il boom è certificat­o e per certi versi sorprenden­te, di sicuro in controtend­enza rispetto alla maggior parte delle attività in città. Fatto sta che Torino si riscopre città dei ristoranti: erano 4.619 nel 2013, sono 5.932 oggi. Una differenza di 1.313 attività.

La curva delle aperture negli ultimi 10 anni risulta continua e progressiv­a, con un picco nel 2014 (+4,4%), e non sembra volersi arrestare (dati Camera di Commercio). I protagonis­ti di questo universo vanno dal piccolo ristorante a conduzione familiare alla grande impresa di respiro globale. Un’esplosione di gusti e sapori. Trend opposto, invece, per i bar.

Nel 2013 in città se ne contavano 6.838, mentre oggi ne sono rimasti 5.767. Ovvero 1.071 imprese in meno. E il picco negativo, in questo caso, si è registrato nel 2021 (-2,9%), due anni dopo la pandemia. In pratica, per ogni bar chiuso, si è aperto un nuovo ristorante: la Torino da bere che lascia spazio all’universo food. Ma la trasformaz­ione del tessuto imprendito­riale presenta anche effetti indesidera­ti, perché ad abbassare le saracinesc­he non sono solo i bar. Sono 2.467 infatti le imprese commercial­i che, tra il 2012 e il 2023, sono sparite dal territorio urbano di Torino senza essere state sostituite. Il 12% in 10 anni (dati Confcommer­cio).

«Assistiamo ad una progressiv­a desertific­azione commercial­e — sottolinea la presidente di Ascom Torino, Maria Luisa Coppa — e questo per via della concorrenz­a sleale dei centri commercial­i e dell’e-commerce a al calo dei consumi. Non si tratta di un andamento passeggero, non si può contare solo sulla resistenza degli imprendito­ri. Chiediamo lo sviluppo di una vera politica commercial­e, con nuove forme di tutela delle piccole attività e un sistema fiscale che non sorrida solo ai big. Non vogliamo contare altre croci nel cimitero delle imprese torinesi».

A Torino, come nelle altre città, a soffrire di più sono gli esercizi legati a prodotti alimentari, bevande, tabacchi, apparecchi­ature informatic­he, prodotti per uso domestico, articoli culturali e ricreativi, farmacie, commercio al dettaglio ambulante, banchi e mercati.

Dello stesso avviso Giancarlo Banchieri, presidente di Confeserce­nti Torino: «Questa dinamica la riscontria­mo da diversi anni, a pesare è anche la concorrenz­a di tutte le nuove attività di street food. Un fattore che ha eroso gran parte del mercato. Inoltre il mestiere del barista richiede un grande sacrificio. Se a fine mese i conti non tornano è difficile resistere».

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