In dieci anni chiusi mille bar A Torino crescono solo i ristoranti
Coppa, Ascom: «La città è a rischio desertificazione»
Spuntano come funghi, proponendo qualsiasi varietà culinaria. Dal nippo-brasiliano al thailandese. Il boom è certificato e per certi versi sorprendente, di sicuro in controtendenza rispetto alla maggior parte delle attività in città. Fatto sta che Torino si riscopre città dei ristoranti: erano 4.619 nel 2013, sono 5.932 oggi. Una differenza di 1.313 attività.
La curva delle aperture negli ultimi 10 anni risulta continua e progressiva, con un picco nel 2014 (+4,4%), e non sembra volersi arrestare (dati Camera di Commercio). I protagonisti di questo universo vanno dal piccolo ristorante a conduzione familiare alla grande impresa di respiro globale. Un’esplosione di gusti e sapori. Trend opposto, invece, per i bar.
Nel 2013 in città se ne contavano 6.838, mentre oggi ne sono rimasti 5.767. Ovvero 1.071 imprese in meno. E il picco negativo, in questo caso, si è registrato nel 2021 (-2,9%), due anni dopo la pandemia. In pratica, per ogni bar chiuso, si è aperto un nuovo ristorante: la Torino da bere che lascia spazio all’universo food. Ma la trasformazione del tessuto imprenditoriale presenta anche effetti indesiderati, perché ad abbassare le saracinesche non sono solo i bar. Sono 2.467 infatti le imprese commerciali che, tra il 2012 e il 2023, sono sparite dal territorio urbano di Torino senza essere state sostituite. Il 12% in 10 anni (dati Confcommercio).
«Assistiamo ad una progressiva desertificazione commerciale — sottolinea la presidente di Ascom Torino, Maria Luisa Coppa — e questo per via della concorrenza sleale dei centri commerciali e dell’e-commerce a al calo dei consumi. Non si tratta di un andamento passeggero, non si può contare solo sulla resistenza degli imprenditori. Chiediamo lo sviluppo di una vera politica commerciale, con nuove forme di tutela delle piccole attività e un sistema fiscale che non sorrida solo ai big. Non vogliamo contare altre croci nel cimitero delle imprese torinesi».
A Torino, come nelle altre città, a soffrire di più sono gli esercizi legati a prodotti alimentari, bevande, tabacchi, apparecchiature informatiche, prodotti per uso domestico, articoli culturali e ricreativi, farmacie, commercio al dettaglio ambulante, banchi e mercati.
Dello stesso avviso Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti Torino: «Questa dinamica la riscontriamo da diversi anni, a pesare è anche la concorrenza di tutte le nuove attività di street food. Un fattore che ha eroso gran parte del mercato. Inoltre il mestiere del barista richiede un grande sacrificio. Se a fine mese i conti non tornano è difficile resistere».