«Day», amore e famiglia al tempo della pandemia
Dopo 10 anni, ecco il nuovo romanzo di Michael Cunningham, sul 5 aprile del 2019-2020-2021 «È un libro che parla di esseri umani, e di sopravvivenza»
«Quando nel 2020 è cominciata la pandemia ho pensato che fosse impossibile non parlare di coronavirus, perché non esisteva luogo al mondo che non ne fosse profondamente toccato. È in quel momento che ho deciso di scrivere Day». Michael Cunningham, 71 anni, premio Pulitzer nel 1999 per il celebrato «Le ore», autore di libri indimenticabili come «Carne e sangue» (1995) e «Al limite della notte» (2010), torna dopo 10 anni in libreria con un nuovo attesissimo romanzo. «Day» (La nave di Teseo) è la storia di una famiglia, variamente problematica e disfunzionale, raccontata in tre giornate, sempre il 5 aprile: una mattina del 2019, un pomeriggio del 2020 e una sera del 2021. Proprio negli anni della pandemia globale che ha imprevedibilmente cambiato la vita di molti di noi, «e ovviamente anche la mia», spiega Cunningham: «Durante quei lunghi mesi c’è chi ha scritto due libri, chi ha imparato il francese... Io no, non ho fatto nulla di davvero produttivo: mi sentivo totalmente paralizzato». Day è un romanzo dedicato a quei giorni e, spietato ma spesso anche divertito, racconta le esistenze dei suoi personaggi, riflettendo sull’amore, sulla perdita e sulla forza inesauribile dei legami familiari. «Soprattutto quelli problematici, che ovviamente sono infinitamente più interessanti», specifica.
Come vivono quei giorni i suoi protagonisti?
«Premetto che la mia storia riguarda gli esseri umani, non il virus. Per me era importante che il romanzo parlasse di sopravvivenza più che di morte, anche se quest’ultima ha ovviamente un ruolo importante. Al centro di tutto è una famiglia, composta da Dan e Isabel e dai figli. Marito e moglie si stanno lentamente allontanando, attratti apparentemente entrambi da Robbie, il fratello minore di Isabel. Tra piccoli inganni e frustrazioni, la vicenda riguarda anche il modo in cui gestiscono la propria “mezza età”. O provano a farlo, magari fallendo».
I personaggi sono tutti raccolti in una casa a schiera di Brooklyn. È una sorta di famiglia «non convenzionale»?
«Sì, proprio una di quelle che paiono allarmare alcuni politici, al di qua e al di là dell’atlantico. Ma non capiscono che queste famiglie non sono più “non convenzionali”, anzi. Se si dovesse stimare quante famiglie nel mondo hanno un solo genitore, o due genitori dello stesso sesso o quante sono quelle con figli adottati o di genitori diversi, e così via, si scoprirebbe che il “non convenzionale” è da tempo la norma. Questi politici cercano però di instillare il senso di colpa nelle persone, per imporre una loro idea di come deve essere la famiglia “normale”. Per me è importante continuare a urlare, per ricordare a tutti che questo genere di politica vuole raccontare un modello che non esiste più».
Tra gli altri c’è anche il Wolfe, un personaggio immaginario.
«È la creazione di Robbie: una sorta di fantasma, una versione migliorata di sé stesso. Un gemello migliore di sé. Nasce dalla mia fascinazione per Instagram grazie a cui abbiamo l’illusione di vedere la vita di innumerevoli persone, che però tendono ovviamente a mostrarsi ben diverse da come sono nella realtà... Tutti noi lo facciamo, presentandoci per ciò che vorremmo essere e non siamo».
Come vive il suo successo?
«Per molti scrittori è una grossa pressione, e quando anche io la provo mi forzo a tornare subito a scrivere... Martedì sarò di nuovo a Torino, anni dopo la mia precedente presentazione. Ricordo la bellezza della città, l’eleganza dei suoi portici e la Sindone. Ma soprattutto conservo l’immagine delle moltissime persone che erano venute ad ascoltarmi. Tutto molto bello per la mia autostima (ride). Allora penso: “Mio dio, sono così in tanti a fare la coda per me!”. E piuttosto che pressione, sento il desiderio di dar loro il meglio di me stesso».
Politici
«Instillano il senso di colpa nelle persone, per imporre una loro idea di famiglia normale»