Corriere Torino

QUELLE PAROLE SENZA TEMPO

- Di Teresa Cioffi

● Di cartoline d’epoca, l’ex colonnello Francesco Balducci ne ha circa 250mila

● Una collezione immensa, che per essere custodita ha reso necessario l’affitto di un intero locale: «Molte sono cartoline militari, ma ne possiedo di ogni tipo — racconta –— Una passione nata per caso al Balon nel ‘75, un giorno che stavo passeggian­do tra i mercatini. Mi innamorai di una collezione, che acquistai a 50mila lire. Da quel momento non mi sono più fermato»

● Soprattutt­o quando piove, l’ex colonnello Francesco Balducci si abbandona nella sua poltrona preferita e rispolvera il suo patrimonio di carta

Ci sono parole d’amore che hanno attraversa­to decenni e cassetti, guerre e scatoloni, chilometri e generazion­i. Eppure, per un destino fortunato, non sono state scalfite di una virgola. Si possono leggere ancora, incise nero su bianco, impacchett­ate con cura nella calligrafi­a di un innamorato. Di cartoline d’epoca, l’ex colonnello Francesco Balducci, ne ha circa 250mila. Una collezione immensa, che per essere custodita ha reso necessario l’affitto di un intero locale: «Molte sono cartoline militari, ma ne possiedo di ogni tipo — racconta —. Una passione nata per caso al Balon nel ‘75, un giorno che stavo passeggian­do tra i mercatini. Mi innamorai di una collezione, che acquistai a 50mila lire. Da quel momento non mi sono più fermato».

Soprattutt­o quando piove, l’ex colonnello Francesco Balducci si abbandona nella sua poltrona preferita e rispolvera il suo patrimonio di carta. E, non raramente, gli capita di pescare qualche lettera d’amore, tra mittenti e destinatar­i dei quali conosce solo la firma e i sentimenti. In verità, non si tratta di vere e proprie lettere. Piuttosto di bigliettin­i e cartoline perché ai tempi, all’inizio del Novecento, scriversi era costoso. «Per le cartoline, invece, si spendeva meno — spiega —. In questo modo era possibile far recapitare un pensiero d’amore al proprio fidanzato, o alla propria fidanzata, in maniera più economica. Ma c’è un però. La regola postale prevedeva un massimo di cinque parole, almeno fino al 1914. Altrimenti il costo sarebbe raddoppiat­o. Così gli innamorati scrivevano i loro messaggi sulle immagini e sulle stampe. Un francese, ad esempio, è stato piuttosto preciso». Francesco Balducci scandisce: «Je pense à toi: non una sillaba in più».

Mentre tiene in mano i biglietti scritti in francese, inglese, italiano, anche cirillico, l’ex colonnello rivela il difetto di questo scambiarsi parole d’affetto: «Il postino poteva leggere tutto. Cosa che, regolarmen­te, accadeva. Così, gli innamorati iniziarono a organizzar­si con degli stratagemm­i, come scrivere il messaggio nello spazio riservato al francoboll­o». Accadeva dunque questo: precedente­mente accordatas­i sulla strategia, il mittente incideva il proprio pensiero d’amore nel riquadro dove, in seguito, andava ad attaccare il francoboll­o. Chi riceveva la cartolina, non doveva far altro che trattarla con un po’ di vapore: la colla si scioglieva e il messaggio era rivelato. «Oi Mary, oi Mary — scriveva Vito alla sua Maria di Savonera, Collegno —. Da quando ti ho vista, ho perso la testa».

Dai messaggi più misteriosi a quelli manifesti, da quelli più semplici ai più raffinati. Alcune cartoline d’amore possiedono immagini ricamate in oro, altre sono arricchite con pizzi e merletti. Le calligrafi­e, tracciate in china o a

C’era chi scriveva sotto i francoboll­i e chi invece componeva dei puzzle per l’amata

A destra l’ex colonnello Francesco Balducci con la direttrice delle poste Colomba Giacomanto­nio responsabi­le dello spazio filatelia: «Quante storie di vita in questi messaggi»

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