Corriere Torino

L’università delle molestie, uno scontro di sensibilit­à in una frattura generazion­ale

Cresce l’età del personale, come studentess­e e stranieri

- di Paolo Coccorese

Con l’aumento delle matricole è cresciuto il numero delle possibili prede. Da questo bisogna partire per riflettere su una delle pagine più brutte dell’università di Torino, costretta a sospendere due professori accusati di aver molestato alcune studentess­e. Negli ultimi otto anni, l’ateneo ha moltiplica­to del 20% i suoi iscritti arrivando a superare quota 81 mila. Crescita spinta dalle donne, nell’anno accademico 2022/23 erano il 61% dei 13.308 immatricol­ati, e dagli stranieri, passati dal 3.964 del 2016 ai 5.151 dell’anno passato. «Le segnalazio­ni di molestie riguardano alcune figure più esposte — ha dichiarato l’avvocata civilista Elena Bigotti, l’ex consiglier­a di fiducia di Unito —. Le donne e le studentess­e. Gli stranieri, in questo caso abbiamo avuto vittime anche tra universita­ri uomini. E chi accede con una carriera alias, cioè chi si registra con un’identità di genere diversa da quella di nascita, che patisce non necessaria­mente delle molestie sessuali, ma discrimina­zioni, morali e fisiche».

Le vittime delle molestie segnalate all’università sono «tutti quei soggetti considerat­i “diversi” — ha spiegato Bigotti in un recente congresso —. Ma diverso da che cosa? Dal contesto dominante». Quello dell’ateneo sembra più distante da quello che si incontra all’esterno, nella società. E la ragione è riconducib­ile all’età. Nel periodo 2016-2020 è aumentato il personale tra 51 e 60 anni (51% del totale). Insomma, Unito ha sempre più i capelli grigi mentre le aule si riempiono di ragazzi e ragazze «diversi dal contesto». Frattura generazion­ale che si trascina dietro una di tipo culturale, difficile da vedere da fuori ma molto tangibile all’interno dei dipartimen­ti. Dove a fare a pugni con certe dinamiche sono soprattutt­o i più giovani, dottorandi e assegnisti. Spesso parliamo di donne costrette a convivere con superiori uomini e anziagotti ni, visto che un quinto dei professori raggiunger­à i 70 anni entro il 2026. Persone entrate in università con i primi computer e senza l’ombra di un telefonino che oggi devono fare i conti con un panorama nettamente diverso. Con necessità nuove. Come, per esempio, l’uso di una lingua «inclusiva». Un docente di Cultura, Politica e Società ha rischiato la sospension­e per aver insultato una studentess­a chiamandol­a «disabile». Una cosa bruttissim­a, ancora di più se si pensa che la battaglia odierna nei dipartimen­ti è l’uso dell’asterisco e della schwa. Altra sensibilit­à.

Soffermars­i sulla sfida del linguaggio serve a capire quello che è capitato. Non è passata inosservat­a un’altra riflession­e dell’avvocata Binella suo ultimo intervengo pubblico. «Si segnalano casi di alcuni ambiti di Unito fortemente conservato­ri e maschilist­i», ha spiegato la consiglier­a di fiducia facendo riferiment­o a tre dipartimen­ti. A quello di Filosofia, dove è scoppiato il caso del professore Federico Vercellone sospeso per un mese. A Medicina, dove insegna Giancarlo Di Vella, agli arresti (anche) per molestie. E Giurisprud­enza, dove pochi anni fa era finito nei guai un docente che chiedeva foto hard in cambio di buoni voti. Bisogna aggiungere che proprio in questi dipartimen­ti si registrano anche corsi, seminari e iniziative studentesc­he che cercano di sgretolare questa cappa di «maschilism­o». Marco Pelissero negli ultimi anni ha lanciato seminari sul Diritto declinato alla comunità Lgbt o alla sessualità. «Dove abbiamo parlato anche di violenza, stalking e malattie trasmissib­ili — racconta il professore di Giurisprud­enza —. In classe, la maggioranz­a dei partecipan­ti sono studentess­e. Mi hanno chiesto di aprire queste lezioni a un numero molto più alto di iscritti». Quest’anno, è partito anche il corso «La violenza maschile contro le donne». Dove? Sempre a Giurisprud­enza.

Dal report della consiglier­a di fiducia a chiedere aiuto sono in maggioranz­a docenti e personale. Dagli studenti arrivano poche segnalazio­ni per vari motivi, tra cui la paura di ripercussi­oni o la presenza di altri servizi incontrati fuori dall’ateneo (che ha aperto l’anno scorso un centro anti violenza). All’università di Torino sono giunte nell’ultimo anno cento segnalazio­ni di mobbing e discrimina­zioni. Il 13% è legato a motivi sessuali. «3 o 4 rubricabil­i come violenze», ha detto la consiglier­a di fiducia prima di lanciare l’allarme sulle molestie online: sempre più spesso nelle chat per scambiare gli appunti spuntano fotomontag­gi, insulti, bodyshamin­g e tutto il peggio possibile.

Le vittime Donne, chi ha la carriera alias, stranieri Insomma, quelli diversi dal contesto dominante ❠

Diritto e sessualità A seguire il seminario sono soprattutt­o donne Chiedono di aprirlo a più studenti possibili

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Le proteste a Palazzo Nuovo Un momento dell’assemble organizzat­a dagli studenti per discutere del problema delle molestie in atene

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