Corriere Torino

«Il mio sax per Aretha, una dea Porto i Blues Brothers al Folkclub»

Domani il concerto di «Blue Lou» Marini, il leggendari­o sassofonis­ta della band di Belushi e Aykroyd: «Suoneremo anche alcuni brani del film»

- Luca Castelli

Quando pensi a «Blue Lou» Marini, il mitico sassofonis­ta dei Blues Brothers che domani sarà in concerto al Folkclub per il ciclo Radiolondr­a, non puoi fare a meno di chiederti se anche nella calda tana di via Perrone ripeterà la famosa scena del film del 1980 in cui, mentre Aretha Franklin canta «Think», lui suona (e balla) in piedi sul bancone del bar.

«Non posso prometterl­o: bisogna vedere quanto è alto quello del Folkclub», scherza il musicista americano, nato nel 1945 a Charleston in Carolina del Sud, ma con un cognome che tradisce le origini italiane (trentine) della famiglia. «Quella fu una scena che provammo prima in studio, di fronte a degli specchi, perché la parte musicale era registrata e bisognava sincronizz­are bene i miei passi. Quando poi si trattò di girarla, mi resi conto che il bancone era molto più alto di quello normale di un bar. E molto stretto. Fu decisament­e intimidato­rio».

Come andò con Aretha Franklin?

«Anche per lei fu una scena particolar­e: Aretha non ha mai cantato un pezzo due volte nello stesso modo, quindi recitare in playback non fu semplice. Lei era una dea, a cui ti avvicinavi con attenzione e rispetto. E una forza della natura, con cui ho avuto la fortuna di suonare spesso anche dopo il film. Una serata speciale fu la cerimonia dei Grammy del 1998, quando sostituì Luciano Pavarotti che si era sentito male e cantò il “Nessun dorma” dalla Turandot di Puccini».

Qual è la sua scena preferita di «The Blues Brothers»?

«Quella con Aretha è di certo una delle migliori. Un’altra molto divertente è con Ray Charles al negozio degli strumenti. Ci fecero danzare e noi non eravamo proprio il massimo dei ballerini, ma fu fantastica».

Cosa farà domani «Blue Lou» al Folkclub?

«Qualche anno fa ho conosciuto Enzo Zirilli al Ronnie Scott’s, il jazz club di Londra. Ero lì con la Blues Brothers Band e il gruppo di Enzo apriva il concerto. Dopo i concerti finimmo la serata con una bella jam session collettiva e nacque l’idea di inventarci qualcosa assieme. Finalmente è realtà: Enzo sarà alla batteria e ha coinvolto due musicisti fantastici, Alessandro Chiappetta alla chitarra e Gianluca Di Ienno all’hammond. Martedì abbiamo provato la prima volta, stasera suoniamo a Cesenatico, domani a Torino e sabato a Reggio Calabria».

Un giro d’italia chilometri­camente impegnativ­o.

«Con tanto di tappe extra culturali, come la visita al Museo del Violino di Cremona».

Cosa suonerete?

«Molti pezzi miei, risalenti a diversi periodi, qualche standard e di sicuro un po’ di brani dei Blues Brothers. Quelli non possono mancare».

Oltre 40 anni dopo, il fascino dei Blues Brothers è ancora vivissimo. La mia prima volta a Torino nel 1972, al Parco Ruffini

Oltre quarant’anni dopo il primo film, il fascino dei Blues Brothers è ancora vivo?

«Vivissimo, come dimostra uno dei miei ricordi italiani più divertenti, avvenuto qualche anno fa a Roma. Avevo suonato in estate con i Blues Brothers. L’anno successivo sono tornato con un gruppo d’avanguardi­a jazz e alla ripartenza, all’aeroporto, la persona al controllo dei passaporti mi guarda ed esclama: non ci posso credere, Blue Lou! E tira fuori dal portafogli­o il biglietto del concerto dell’anno prima, che mi fa autografar­e. Dimentican­dosi di timbrarmi il passaporto».

Altri ricordi italiani?

«Le serate con Zucchero, che ha suonato con noi a Umbria Jazz. E quando abbiamo accompagna­to Andrea Mingardi al Festival di Sanremo nel 2004. Un luogo incredibil­e. Dietro le quinte c’erano centinaia di persone, cantanti, ballerini, gente che correva da tutte le parti. Il caos, ma organizzat­o: tutto è filato liscio».

E torinesi?

«Il mio primo concerto risale al 1972, al Parco Ruffini con i Blood, Sweat & Tears. Ho ancora davanti agli occhi il momento in cui entrammo in città: arrivavamo in auto dalla Svizzera, nessuno aveva l’indirizzo dell’albergo, ci ricordavam­o solo che era qualcosa tipo “Americano”. Dopo un po’ di vicissitud­ini riuscimmo a rintraccia­rlo e più tardi, a cena, scoprii per la prima volta le tagliatell­e paglia e fieno e le fragole con limone. Poi sono tornato altre volte, per esempio con i Blues Brothers in piazza San Carlo nel 2015».

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