Corriere Torino

La Juve non può aspettare Chiesa e Weah in ritardo, si giocano anche il futuro

L’azzurro ha perso lo smalto di settembre, l’americano è un mistero

- Filippo Bonsignore

Federico Chiesa e Timothy Weah, c’è un doppio rebus da risolvere in casa Juve. La soluzione dovrà necessaria­mente essere trovata nei prossimi 101 giorni, tanto manca infatti alla fine della stagione, e si rifletterà sul presente e sul futuro. Traiettori­e diverse, quelle di Federico e Timothy, e un comune interrogat­ivo: dove sono finiti?

Per motivi diversi, l’azzurro e lo statuniten­se finora hanno regalato soltanto dei bagliori e nel complesso stanno bucando il campionato. Entrambi avevano illuso all’alba della stagione poi si sono progressiv­amente spenti. Chiesa è stato protagonis­ta di un ruggente avvio della Serie A – 4 gol nelle prime cinque partite e un feeling con Vlahovic che prometteva decisament­e bene – ma ha dovuto presto affrontare (ancora una volta) una serie di problemi fisici che l’hanno frenato e costretto a continui stop&go.

La naturale conseguenz­a è stata un rendimento altalenant­e: dopo la rete al Sassuolo del 23 settembre, l’attaccante ha impiegato quasi tre mesi per tornare al gol (il 15 dicembre contro il Genoa); nel mezzo una doppietta alla Macedonia del Nord a novembre con la maglia della Nazionale. Ecnera co, i riflessi di questa situazione hanno anche tinte azzurre, non solo bianconere: a cavallo del nuovo anno, è stato il ginocchio sinistro, quello operato due anni fa, a dare fastidio e nel 2024 Chiesa ha giocato solo la metà delle partite in calendario (4 su 8 tra campionato e Coppa Italia). Quella con l’udinese è stata la prima gara da titolare in serie A da inizio anno e ha confermato che quello attuale non è il vero Chiesa, a livello di condizione fisica e di incisività. Logico che questa altalena causi un po’ di preoccupaz­ione anche in ottica Europei.

Presente e futuro si intreccian­o, insomma, e non soltanto per questioni di campo: se il suo utilizzo nel 3-5-2 gegiovane

sempre qualche equivoco tattico, tanto che Yildiz sembra più funzionale ad esaltare Vlahovic, c’è sullo sfondo pure la questione del contratto in scadenza nel 2025. La società vorrebbe evitare il rischio di perdere a zero un giocatore comunque fondamenta­le e quindi intende prolungare il matrimonio. I primi confronti con l’entourage del giocatore, che vorrebbe un aumento di ingaggio dagli attuali 5 milioni netti all’anno, non sono stati però proficui e, al momento, non si registra alcun avviciname­nto. Ci sarà ancora Chiesa al centro della Juve?

Diverso il percorso di Weah, unico acquisto del mercato estivo. Lo sbarco dello statuniten­se non era stato accompagna­to da fuochi d’artificio ma il figlio del grande George aveva subito convinto in estate tanto che l’eredità di Cuadrado è apparsa da subito in buone mani. Allegri aveva confermato le sensazioni della tournée oltreocean­o affidandos­i a Timothy come titolare sulla fascia destra nelle prime due giornate di campionato. Presto, però, le gerarchie sono mutate e il tecnico ha ripiegato con continuità su Mckennie e, in alternativ­a, Cambiaso. A complicare il quadro si è aggiunto un infortunio muscolare ad ottobre che lo ha tenuto ai margini per un mese e mezzo. Il riassunto della sua stagione, al momento, racconta quindi di 21 presenze complessiv­e, solo 9 delle quali da titolare, per 902 minuti in campo e di un gol (bellissimo) alla Salernitan­a in Coppa Italia.

Bagliori, appunto. L’ambientame­nto nella realtà italiana non è stato semplice, insomma, e anche il tentativo di rilancio, lunedì contro l’udinese, non è andato a buon fine: un’ora in campo senza squilli e la sensazione all’esterno che Weah sia ancora un corpo estraneo al contesto. Ci sono 101 giorni per svoltare.

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Figlio d’arte Timothy Weah è nato il 22 febbraio 2000 a New York

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