«Il mio amore incondizionato Ora decido io, non le cicatrici»
Paola Turci domani al Teatro Concordia con «Mi amerò lo stesso» «Voglio liberarmi dalle paure relative all’incidente di tanti anni fa»
Ferragosto 1993. Sono le 6.30 del mattino e una Saab 900 sfila sulla Salerno—reggio Calabria, all’altezza dell’uscita di Torano Castello. La Salerno—reggio Calabria. A ogni italiano questa autostrada, solo a nominarla, fa paura. Da sempre, infatti, viene riconosciuta come pericolosa. Al volante c’è una quasi trentenne Paola Turci (in seguito raccontò di essersi distratta con il cellulare). Un incidente terribile, che le ha distrutto parte del viso, cui sono seguiti 14 interventi di ricostruzione. A Teresa Ciabatti, sul Corriere della Sera, ha raccontato di averci messo 24 anni per sconfessarsi, per dire, finalmente, che no, non stava bene. Che non era felice. Ventiquattro anni a nascondersi, a coprirsi con i capelli, a mettersi di profilo, a indossare sempre occhialoni scuri. Tutto cambia nel 2017 quando a Sanremo porta una canzone che è anche una rivoluzione, Fatti bella per te: «Qualcosa dentro ti si è rotto e sei più bella». Mi amerò lo stesso è il monologo teatrale che Turci inscena al teatro Concordia di Venaria Reale domani alle 21. In esso dialoga — con personaggi cruciali della sua vita cui ella dona la voce — e si racconta rivelando sogni, desideri, ricordi, debolezze, speranze.
Mi amerò lo stesso. Che significa «lo stesso»?
«Significa: a qualunque costo, incondizionatamente. Significa l’amore vero, secondo me».
Da quale esigenza nasce questo spettacolo, preceduto dalla sua autobiografia, e come ne ha tessuto la trama?
«Scrivere l’autobiografia è stato necessario per liberarmi dalle paure relative all’incidente che ho avuto tanti anni fa o, meglio, dalle sue conseguenze. In uno dei capitoli del libro racconto del periodo di studio in una scuola di teatro a Roma, periodo interrotto proprio da quell’incidente. Un regista milanese lo lesse e mi propose di metterlo in scena come un monologo. Recitato da me».
Ritroviamo anche la sua musica?
«Ci sono degli accenni musicali. Ci sono due chitarre per due “palcoscenici” diversi: uno per la mia “cameretta” e uno per un palco vero e proprio».
Il libro risale al 2014. Dopo, sono accadute diverse cose tra cui il suo matrimonio con Francesca Pascale. È un elemento che ha aggiunto sul palcoscenico?
«C’è un accenno che serve solo a dire: “Il resto sono storie intime”».
Che ruolo ha l’incidente nel monologo e nella sua vita oggi?
«Strategicamente il regista Paolo Civati ha messo l’incidente verso la fine. È un ricordo importante della mia vita, presente ma completamente trasformato dal tempo e dagli eventi. In passato erano le cicatrici a comandare, ora sono io a decidere. Il più delle volte restano in silenzio».
Lei è una grande protagonista della musica e di Sanremo. Una riflessione sul festival appena finito?
«Non sono riuscita a vederlo tutto: 30 canzoni sono tante. Trovo cresciutissimi i Santi Francesi che conoscevo quando si chiamavano The Jab. Della vittoria di Angelina penso tutto il bene possibile, a 20 anni è già Artista, non solo quando canta e si muove ma anche per come gestisce tutto il resto. Scrive le sue canzoni e questo è sempre un gran punto a favore».
Cosa pensa dell’affaire Rai versus Dargen e Ghali?
«Sono tempi difficili, questi. Non è più il buon senso a guidare i popoli ma la paura, l’individualismo, la superficialità. Il bene comune si è perso. Persone, prima che cantanti, che chiedono la Pace, che spiegano quanto sia importante non lasciare indietro nessuno, se vengono taciuti allora credo significhi la fine della civiltà».
Sta scrivendo nuova musica?
«Avevo pronti dei brani che però ho deciso di riscrivere da capo. E ho fatto bene. Perché in questo momento ho un livello di ispirazione più alto rispetto a qualche tempo fa».
Con Torino ha qualche legame?
«Ho molti ricordi legati al Piemonte e a Torino. Ma il più bello è l’incontro con l’amore della mia vita».
«Ho molti ricordi legati al Piemonte e a Torino Il più bello è l’incontro con l’amore della vita»