Arriva Robin Hood, in scena anche l’ideologia e il senso di giustizia
Rubare ai ricchi per dare ai poveri. Robin Hood è più di una favola, è un archetipo. Un’ideologia. Al netto dei dieci comandamenti per cui certo non si insegna ai bambini che sia giusto rubare, la favola di Alexandre Dumas resta una delle più belle e trascinanti per i piccoli. E anche per i grandi che, si sa, le cose che restano sono quelle che si assorbono da bambini. Con la traduzione e l’adattamento di Marta Cortellazzo Wiel, da oggi fino al 26 maggio al Teatro Carignano, sarà possibile vedere questa storia imperitura, previste anche delle recite programmate al mattino per le scuole. «Robin oggi non è un eroe — spiega Wiel —, è un ragazzo mosso dal senso di giustizia che intraprende la missione, anche a costo della vita, di liberare il popolo da un sovrano dispotico. Come ogni essere umano ha dubbi e paure e proprio per questo un valore fondamentale per lui è l’amicizia. Robin non sarebbe Robin senza il suo Little John». Ed è grazie al fedele compare che riesce in mille imprese e non tutte politically correct. Robin è diviso tra la speranza di ricongiungersi con il suo primo amore, Lady Marian, e la missione di proteggere il popolo dalle ingiustizie del Re Giovanni. Il coraggio del giovane è messo a dura prova quando la foresta di Sherwood viene minacciata dalla ferocia del sovrano, aiutato dal crudele Sceriffo. «In questo allestimento ho cercato di non porre l’accento sulle tematiche preferendo che emergessero dalla storia e dalle dinamiche tra i personaggi. Più che buoni e cattivi, esistono a mio avviso persone che operano a fin di bene e altre a fin di male. In Robin Hood il tema centrale è quello della giustizia per affermare la quale lui è disposto anche commettere piccole ingiustizie. Tuttavia anche per chi opera delle azioni ingiuste a fin di male, ci può essere uno spiraglio di cambiamento capace di rompere una catena di crudeltà».