Sfida a due velocità, mentre Cirio corre Pd e M5S aspettano il voto in Sardegna
Conte: è un esperimento. Nervi tesi in Piemonte
Agenda delle ultime quarantott’ore di Alberto Cirio, presidente uscente e ricandidato in pectore del centrodestra: ore 9,45 inaugurazione del nuovo reparto di terapia intensiva di Vercelli, ore 11 incontro con il gruppo alpini, ore 14 sopralluogo alla galleria della Verta, ore 14.30 visita all’associazione alpini e alle loro madrine di Omegna; ore 11 posa della prima pietra della nuova scuola di Cumiana, ore 13 saluto all’unione ciechi e ipovedenti, ore 15 visita all’ana di Pinerolo e poi a quella di Almese, ore 17 taglio del nastro della nuova centrale operativa di Castellamonte e visita alla Casa della musica, ore 19 inaugurazione della mostra dedicata a Torino Sette al Museo del Risorgimento. Agenda del Pd e del M5S, ancora in cerca di un candidato comune o separato che sia: non pervenuta.
Insomma: mentre Cirio corre, anzi galoppa per il Piemonte, arrivando quasi a sfiorare il dono dell’ubiquità, e documentando decine di incontri al giorno con centinaia di elettori piemontesi sui propri canali social, i possibili ed eventuali sfidanti (almeno sulla carta) restano fermi, in attesa di quello che ormai, tra alcuni esponenti della politica subalpina, è stato ironicamente battezzato «monsù Godot», versione piemontese dell’irreale (non)personaggio beckettiano. Il tutto a meno di tre mesi dall’apertura delle urne in cui 3 milioni e mezzo di piemontesi decideranno a chi affidare il governo della Regione per i prossimi 5 anni.
Così, mentre il governatore azzurro anticipa la campagna elettorale, senza aver bisogno di aspettare l’investitura ufficiale dei leader nazionali del centrodestra, dem e pentastellati piemontesi non possono fare altro che stare a guardare. Fermi. Prima il commissariamento del Pd piemontese da parte della segreteria di Elly Schlein, che ha mandato in soffitta le primarie (le stesse che hanno permesso alla leader dem di scalare il partito a dispetto delle preferenze degli iscritti); poi l’avocazione a Roma del tavolo delle (presunte) trattative con i tiepidissimi 5 Stelle subalpini, in attesa di qualche segnale distensivo (mai arrivato) da parte di Giuseppe Conte; insomma: la coalizione (o quello che dovrebbe essere tale) si ritrova ancora non solo senza un candidato, ma anche senza un perimetro definito delle alleanze. Con il risultato che adesso il dossier Piemonte è finito in coda a quello della tre volte più piccola Sardegna, dove l’intesa giallorossa (che ha portato alla spaccatura del centrosinistra) viene definita dal leader del M5S «un esperimento» non necessariamente replicabile altrove.
Così, mentre al Nazareno si aspetta l’esito del voto del 25 febbraio, sotto la Mole dem e pentastellati vivono nell’incertezza, con il Pd che resta appeso tra due potenziali candidati interni — Daniele Valle e Chiara Gribaudo — e gli alleati di sempre che scalpitano. «Qualche mese fa — ricorda il numero uno della Lista Monviso Mario Giaccone — avevo messo in guardia la coalizione: non vorrete mica aspettare la Sardegna? Mi avevano risposto: assolutamente no! Ed eccoci qui». Con il presidente uscente già in campagna elettorale da almeno due mesi. Uno sfidante inesistente e la prospettiva (se non la certezza) che qualunque candidato sia votato al martirio il prossimo 9 giugno.