«Politica troppo schiacciata sul presente e senza visione Per questo servono i cattolici»
Morgando: «Dio, patria e famiglia? Il bene sociale è più ampio»
«Un tempo c’era la Dc e lì avveniva la mediazione collettiva tra le diverse anime del cattolicesimo politico. Oggi i cattolici in politica ci sono, sono tanti e vitali, ma la mediazione tra le proprie convinzioni di credenti e l’impegno è diventata personale». Gianfranco Morgando, 74 anni, già deputato della Dc, tra i fondatori del Partito popolare e dell’ulivo, primo leader piemontese del Pd, tre volte sottosegretario nei governi Amato e D’alema, dirige la fondazione intitolata al capostipite di tanti democristiani torinesi, Carlo Donat-cattin.
Morgando, l’arcivescovo
Roberto Repole ha invitato i cattolici a tornare protagonisti nei partiti. Ma i cattolici sono presenti oppure no nella politica attuale?
«Io li vedo presenti in maniera significativa in molti consigli comunali e di quartiere, di grandi e piccoli comuni. Non si tratta di attribuire patenti, ma di guardare alla sostanza, e la sostanza è che molte persone, soprattutto nelle realtà territoriali, si impegnano nella cosa pubblica anche in ragione della loro fede cristiana».
Con la fine della Balena bianca i politici cattolici hanno trovato casa in tutti i partiti dell’arco costituzionale. Che cosa è cambiato rispetto ai tempi della Dc, quando si era tutti sotto lo stesso tetto?
«Non bisogna pensare alla Dc come a un monolite. Il cattolicesimo politico in Italia ha rappresentato una storia di grandi differenze che si sono rappresentante in un solo partito, dove i cattolici avevano un momento unificante sul piano culturale anche se manifestavano posizioni politiche molto diverse».
Allora c’era un nemico comune, il comunismo, davanti al quale coalizzarsi. E oggi..?
«Certo, c’era un nemico comune, ma anche una responsabilità storica: guidare il Paese dopo la dittatura fascista. Oggi la situazione è molto diversa. Il problema è la ricerca del senso profondo della politica in un momento in cui la politica rischia di trasformarsi in gestione dell’esistenza ed è ripiegata sulla quotidianità, senza una strategia di fondo per la costruzione della comunità».
Repole ha affermato che un cattolico può stare in qualunque partito. Davvero in qualunque partito?
«È difficile rispondere a questa domanda, perché dipende dal rapporto tra la propria coscienza di credenti e il progetto di società si ha in mente. Io, per la mia esperienza, credo che un cattolico debba guardare ai problemi e alle contraddizioni della società dando una risposta che sia nell’interesse dei più deboli e di un bene sociale più ampio, secondo una scelta che definirei progressista in senso lato».
Con un governo, quello della premier Meloni, che richiama al «Dio, patria e famiglia», i cattolici dovrebbero sentirsi rappresentati e soddisfatti, non crede?
«Io su questo ho molti dubbi. Credo che un cattolico debba essere diffidente nei confronti di chi agita la religione come strumento di consenso politico. La fede è un elemento di contraddizione, non di consenso. Dio, patria e famiglia sono tre concetti di straordinaria importanza e valore se presi singolarmente. Ma quando sono messi insieme mi fanno preoccupare e pensare alla strumentalizzazione. Chi si fa attrarre da queste sirene penso che cerchi una via facile».
Un cattolico di destra potrebbe obiettarle che nel centrosinistra i cattolici rischiano quella subalternità, per esempio sui temi etici, da cui ha messo in guardia anche l’arcivescovo.
«Questo è un tema serio. Ma il disegno politico di un cattolico non dev’essere integralista, non deve progettare la società cattolica, ma la società di tutti, mettendoci i propri valori e principi. Per realizzare il bene comune, la categoria della mediazione è fondamentale. Noi dobbiamo avere la capacità di costruire una sintesi tra esigenze e culture diverse, perché le questioni etiche interrogano i laici responsabili e i cattolici responsabili allo stesso modo».
Dopo l’appello dell’arcivescovo ci saranno più cattolici in lista alle prossime elezioni?
«Non collegherei la questione alle vicende elettorali. L’appello di Repole è di straordinaria importanza perché indica la necessità che i cattolici impegnati in politica cerchino insieme il bene comune».
La presenza
I cattolici impegnati sono tanti, ma ora la mediazione tra fede e politica è individuale
Progressista
La religione non può essere strumento per creare consenso Io sto con i più deboli