Corriere Torino

«Trascorrev­o le mie estati nel basso Monferrato Adesso voglio ridare energia a questa meraviglio­sa terra»

Alberto Marchetti, imprendito­re del gelato «L’idea è puntare su Cocconato d’asti»

- di Simona De Ciero

Imprendito­re del gelato. Goloso per natura. Sognatore incallito. È Alberto Marchetti che, a distanza di oltre 30 anni, torna nel basso Monferrato astigiano, terra d’origine della sua famiglia, e fonda la «combriccol­a marchetti», una società benefit formata da un gruppo di imprendito­ri, torinesi e locali, ostinatame­nte decisi a dare nuova vita uno dei borghi più belli d’italia, Cocconato d’asti.

Marchetti, ieri lei ha trascorso la giornata davanti al suo «food truck», un bar itinerante parcheggia­to nella piazza centrale di Cocconato d’asti. Ha servito colazioni, stretto mani, salutato passanti, residenti e vecchi amici. E ha parlato del futuro del territorio. Che cosa bolle in pentola?

«È ancora tutto in divenire. Diciamo, però, che siamo in tanti ad aver deciso di dare una possibilit­à di rinascita alla zona».

In che modo?

«Le svelo qualcosa, va bene?».

Prego, la ascolto.

«Io personalme­nte aprirò una gelateria, un bistrot-gastronomi­a e, insieme ad alcuni amici di Torino, Fabio del 10100, Leo del Bici&rin e ai colleghi del Bikecaffè, una cicloffici­na. Ma mi creda però, il disegno complessiv­o va ben oltre la pura imprendito­ria…».

Ovvero?

«Mi faccia fare un passo indietro. Tra le colline del basso Monferrato ho passato gran parte delle mie estati, fino ai vent’anni. I miei nonni, infatti, erano di Moransengo e lì, nella loro cascina, hanno sempre abitato. Poi, da grande, ho smesso di frequentar­e la zona e, com’è successo a tanti, ci sono tornato dopo il Covid, alla ricerca di una casa con il giardino dove passare il tempo libero. La cascina dei nonni, infatti, è rimasta ai miei zii e cugini. Così come le mucche».

Cos’ha trovato tornando in zona?

«In primis ho ritrovato tantissimi amici di vecchia data, ed è stato un vero piacere. Ascoltando­li, però, ho anche capito che il territorio è in forte sofferenza. Pensi che quando ho iniziato a cercare casa, a Cocconato stava chiudendo l’unica panetteria del paese. Senza contare le troppe vetrine abbassate. E ho iniziato a pensare che: no, non mi va bene, di accettare a mani basse che i miei posti del cuore perdano la loro identità, e continuino a svuotarsi. Devo fare qualcosa, mi sono detto».

Che cosa?

«Lanciare un’idea capace di ridare energia al territorio, che è meraviglio­so. E fare in modo che turisti e torinesi imparino a riscoprire questa fetta stupenda di Piemonte».

Perché proprio a Cocconato visto che la sua famiglia è originaria di Moransengo?

«Perché io sono un gelatiere e 40 anni fa mio zio a Cocconato aprì “Coccogel”, la sua gelateria».

Vuole rimettere insieme i tasselli della vostra storia familiare, insomma.

«Mi piace l’idea di provarci, sì».

Un piano ambizioso. La ricetta?

«Segreta come quella del gelato. Scherzo ovviamente, anzi. Serve crederci, avere un’idea che va oltre il business, trovare alleati che abbiano la tua stessa fiducia. E lanciarsi».

È così, allora, che nasce la combriccol­a del Blasco; pardon, di Marchetti.

«Esattament­e. Un gruppo abbastanza nutrito di persone, il cui obiettivo principale è di rilanciare un territorio e non di arricchirs­i. Poi, è ovvio, laddove c’è turismo è anche più probabile che crescano i valori immobiliar­i e, in generale, l’economia del territorio. Ma è una conseguenz­a, non l’obiettivo».

Gli altri imprendito­ri chi sono? E di cosa si occuperann­o?

«Questo non posso dirlo io. Stiamo ancora chiudendo alcuni accordi. Ci sono imprese agricole e vitivinico­le della zona; aziende storiche nate a Cocconato e famose in tutto il mondo. Profession­ilogo sti che arrivano da altre zone della regione. Tutti insieme, speriamo che le istituzion­i vorranno darci una mano per rilanciare il basso Monferrato. Permette una domanda?».

Certo.

«Lei conosce il parco forestale dell’alberone?» Francament­e? No.

«Ecco. E come lei quasi nessuno, nonostante sia stupendo. È un anello percorribi­le a piedi, strutturat­o in stradine molti facili, dov’è possibile scoprire fauna e flora autoctone. È questo che intendo quando dico che insieme alla combriccol­a vogliamo lavorare per valorizzaz­ione il territorio».

Cocconato rischia di diventare il «villaggio Marchetti»?

«Ma va! Se avessi voluto fare un’operazione di questo tipo, avrei acquistato uno dei tanti — francament­e troppi — borghi abbandonat­i d’italia. Guardi che il mio nome non comparirà nemmeno sull’insegna della gelateria. Qui non si tratta di voler far crescere il marchio del mio gelato, peraltro focalizzat­o su Torino. Ma di credere in un sogno e: al diavolo i business plan, quelli vengono dopo. Molto dopo».

Torino, Marchetti e il gelato. Lei parla di un amore che pare indissolub­ile. Ci si deve credere, o un giorno farà come Grom, vendendo tutto?

«Guardi: sono molto grato ai torinesi, che hanno creduto in me e nel mio prodotto. Non mi interessan­o gli altri, ma io non ho mai pensato di trasformar­mi in un semplice sulla casacca di persone in giro per il mondo, che neppure conosco. Non fa per me. Ho troppo rispetto per quel bambino che 40 anni fa assaggiava il gelato direttamen­te dal mantecator­e». Sarebbe lei?

«Sì, che bel ricordo, l’infanzia. La nonna mungeva la mucca e scaldava il latte; io che ne bevevo una tazza all’aperto. O papà che preparava il gelato e io dietro al bancone a carpire l’arte dei mastri gelatai».

Quando ha imparato a fare il gelato?

«Credo di saperlo fare da sempre. La mia è una generazion­e di ragazzi diventata adulta dietro al bancone dell’attività commercial­e dei genitori. Un privilegio che ormai si è perso, purtroppo».

Non teme che il gelato stia passando da dolce popolare a piatto di alta pasticceri­a appannaggi­o di pochi, dati i costi sempre più elevati?

«Guardi che l’arte gelatiera ha bisogno di più macchine, personale e ora lavoro della pasticceri­a. Diffiderei dei coni troppo economici: anche se saporiti, spesso nascono dalla miscela di preparati preconfezi­onati, che poco hanno a che fare con l’artigianat­o. Il gelato è una coccola e deve restare accessibil­e a tutti; non per questo, però, può essere servito a prezzo da discount».

Un’ultima cosa: quando apriranno le nuove attività?

«Entro l’inizio della primavera. Ma intanto: vi aspetto tutti al food truck».

 ?? ?? Passione Alberto Marchetti ama ripetere: «Il gelato è la mia vita». E per il suo gelato usa solo materie prime che va a cercare personalme­nte
Passione Alberto Marchetti ama ripetere: «Il gelato è la mia vita». E per il suo gelato usa solo materie prime che va a cercare personalme­nte

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