Corriere Torino

In scena le dipendenze affettive di Romain Gary

- Paolo Morelli

Madre, educatrice, guida spirituale, maestra di vita. Nina Owczynska fu questo per suo figlio Roman Kacew, che da adulto sarebbe diventato noto con lo pseudonimo di Romain Gary.

Scrittore e aviatore lituano, naturalizz­ato francese, Garykacew è noto anche per aver vinto due volte il prestigios­o Premio Goncourt, nel 1956 con Le radici del cielo e nel 1975 con La vita davanti a sé (pubblicato come Émile Ajar, che si scoprì essere Kacew solo dopo la morte).

Alla vita dello scrittore, con una rilettura che mette al centro soprattutt­o il rapporto con la madre, è dedicato lo spettacolo Mia madre non è una cocotte, al debutto in prima nazionale mercoledì al Cineteatro Baretti (ore 20.45, biglietto intero 15 euro, ridotto 12 euro), dove resterà in programma fino a venerdì 23 febbraio.

A portare in scena l’opera è l’attrice e autrice Marina Bassani, fondatrice di Teatro Selig, nelle vesti di interprete e regista. Il tema, qui, è soprattutt­o l’incapacità di Gary di distaccars­i da sua madre, per questo la rappresent­azione pone anche un interrogat­ivo sulla potenza di quella relazione, ma anche una esortazion­e a liberarsi dalle dipendenze affettive.

Sul palco, ci sono anche Nunzio Barbieri, chitarrist­a di Paolo Conte, e il clarinetti­sta Francesco Django Barbieri.

«Tanti ragazzi si impossessa­no delle vite delle loro compagnie — dice Bassani — e io penso a loro, chiedendom­i se abbiano trovato in loro stessi un fondamento che li renda uomini. Donne come Nina, forti, volitive e sognatrici, mi ricordano le figure femminili della mia famiglia, dove erano le donne a comandare».

Nato a Vilnius nel 1914, Roman lasciò la Lituania per trasferirs­i a Nizza, con la madre, all’età di 13 anni. Fu lei a crescerlo in un Paese straniero. Da adulto, Roman si arruolò nell’aviazione e raggiunse l’organizzaz­ione di Resistenza di Charles de Gaulle nel 1940, durante la Seconda guerra mondiale.

Decorato con la Legion d’onore, intraprese poi la carriera diplomatic­a (visse anche a Los Angeles come console di Francia) e portò avanti una intensa attività di scrittura sotto diversi pseudonimi. Ebbe tuttavia un’esistenza piuttosto tormentata, finché si tolse la vita nel 1980, dopo il suicidio della moglie.

«Vorrei che il pubblico — aggiunge Marina Bassani — sentisse che dobbiamo essere padroni della nostra vita, avere un fondamento che ci porta ad assumerci le responsabi­lità in prima persona, spezzando la dipendenza affettiva dalla propria moglie, compagna, madre o figlia».

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Attrice e regista Marina Bassani vive a Torino

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