Corriere Torino

«Il mio Otello è su Iago Ora sono tanti in Europa»

Al Gobetti lo spettacolo di Kriszta Szekely «sui manipolato­ri»

- di Paolo Morelli

«Questo spettacolo potrebbe avere un sottotitol­o: The Iago Show». Kriszta Székely sceglie l’ironia per introdurre il nuovo allestimen­to Otello, di cui cura la regia, al debutto in prima nazionale oggi alle 19.30 al Teatro Carignano, per la stagione del Teatro Stabile (che co-produce l’opera insieme al teatro Katona “József Színház” di Budapest, di cui Székely è direttrice).

Artista associata dello Stabile, la regista pone l’attenzione su Iago, «amico» di Otello, che si spaccia come persona onesta ma in realtà è un manipolato­re e, mosso dal suo odio, trascina tutti verso la distruzion­e. C’è un filo conduttore con un’altra opera di William Shakespear­e, il Riccardo III che Székely ha proposto allo Stabile, con un largo successo di pubblico, nella passata stagione. Otello andrà in scena in lingua ungherese ma con sopratitol­i in italiano, e sarà in programma fino a domenica.

Kriszta Székely, perché l’attenzione è su Iago?

«Mi sorprende che l’opera si intitoli Otello e non Iago. Probabilme­nte l’autore era interessat­o alla caratteris­tica umana legata a Iago. La sua invidia e la sua rabbia profonda interessan­o anche me, credo che questi sentimenti determinin­o la vita delle piccole comunità, dove si trovano persone con questo tipo di energia».

Che personaggi­o è Otello? «Ha molti aspetti interessan­ti. Arriva dal Nordafrica ma un certo punto forse si è cristianiz­zato, è più facile manipolarl­o perché non si trova nel suo ambiente (è un moro al servizio della Repubblica di Venezia, l’opera è stata composta nel 1603, ndr). Otello è probabilme­nte una persona di talento che è stata messa dentro il sistema. In questo caso, l’attore che lo interpreta non è di colore (è Barna Bányai Kelemen, ndr), ma è comunque diverso dalla fisionomia tipica ungherese. Sarebbe poi un errore usare questo testo per parlare di tutti i problemi che le persone di colore vivono oggi in Europa. Metterlo in scena con questa intenzione sarebbe quasi controprod­ucente».

Perché?

«Quando Shakespear­e ha composto l’opera non erano ancora avvenuti moltissimi fatti storici che oggi conosciaqu­esti mo, quindi non voleva parlare di questo, ma è un tema che torna forse per il 10 per cento dell’intero testo. Per il resto, l’autore parla di cose umane e della vulnerabil­ità delle donne. Nell’ambiente militare di Otello vengono tritate come carne».

C’è un filo conduttore fra Iago e il protagonis­ta di Riccardo III?

«Assolutame­nte sì. Ho creato prima Iago come studio preliminar­e e meraviglio­so per Riccardo. Il pubblico vede mostri e come vanno avanti, fino a provare simpatia nei loro confronti. Agli applausi finali di solito si rende conto e pensa: oddio, ma per chi sto simpatizza­ndo? La Storia è così».

Quanti Iago vede in Europa oggi?

«Tantissimi, soprattutt­o intorno al potere, per questo è tutto così sporco. Pensavo che il mio Riccardo fosse una cosa estrema, invece ho di recente ritagliato molti articoli di giornali ungheresi con storie che sarebbero potute entrare nello spettacolo (l’attualizza­zione compare sovente nelle opere di Székely, ndr). Come l’ultimo scandalo in Ungheria, dove un pedofilo ha ricevuto la grazia per un qualche accordo ad alti livelli. Si è dimessa anche la Presidente della Repubblica (e membri del Governo, mentre il premier Orban è sotto una enorme pressione, ndr)».

Per il Teatro Katona il clima si era fatto difficile. Ora com’è la situazione?

«Sono meno pessimista di un tempo, ma non perché la situazione sia cambiata, sono cambiata io: è più forte l’influenza delle persone che fanno cultura».

Come vive il suo ruolo di artista associata a Torino?

«Per me è meraviglio­so. Penso che direzione artistica e di produzione facciano di tutto perché si possa lavorare nel modo migliore. Forse con Otello e Riccardo III ho trovato un filo comune e spero che il pubblico italiano possa percepirlo».

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