Corriere Torino

Paolini e Laquidara in Boomers «La tecnologia corre veloce, siamo ovviamente affannati»

- Francesca Angeleri

Boomers, lo spettacolo scritto e diretto da Marco Paolini — che lo vede in scena con la cantante Patrizia Laquidara e i musicisti Luca Chiari, Stefano Dallaporta, Lorenzo Manfredini — è una ballata teatral cybernetic­a, un album di racconti dove la memoria collettiva di una generazion­e viene trasformat­a con scenari da videogioco in una realtà virtuale «vietata ai minori di 48 anni non accompagna­ti». Nicola è l’alter ego/avatar di Paolini che, tornato giovane, si ritrova nel famigerato bar della Jole a rievocare e rivivere avventure, primi amori, faide politiche e un caleidosco­pio di 50 anni della storia d’italia mischiati alla rinfusa da un algoritmo sperimenta­le. Oggi alle 17 al Teatro Alessandri­no di Alessandri­a.

Marco Paolini, com’è tornare giovani?

«A teatro può accadere, purché lo si faccia con autoironia. Non serve utilizzare un linguaggio giovanile per parlare con i giovani, quello che hanno provato a fare i leader politici quando hanno iniziato a giocare con i social, direi che non è quella la strada».

Che relazione ha con questa modernità eccessiva?

«Non credo che sia eccessiva, credo che l’accelerazi­one inchiodi ognuno di noi a uno sforzo per cui il punto di partenza è fondamenta­le. È come in una staffetta: ogni generazion­e nasce raccoglien­do un testimone in un punto in cui quel testimone gli viene passato in velocità; siccome il progresso tecnologic­o è più rapido della velocità dei corridori, l’affanno arriva insieme al testimone ed è più facile per chi parte che per chi deve consegnarl­o ed è sfiatato».

Patrizia Laquidara, come si approccia ai Boomers?

«È la prima volta che mi capita di fare un tour così intenso. Non appartengo alla generazion­e dei boomer, arrivo da quella successiva, ma cerco di guardare a quel tempo con grande rispetto e curiosità, non con nostalgia che è un sentimento che porta a fare dei passi indietro. Io sono positiva e ho grande fiducia nei giovani».

Che ruolo ha la musica nella pièce?

PL: «È parte della narrazione, è centrale. Per questo spettacolo ho pensato a canzoni semplici, quasi popolari, che potessero raggiunger­e lo spettatore. Io ho composto le musiche mentre le parole le ho scritte insieme a Marco Paolini. L’impianto popolare di queste canzoni può farle sembrare quasi delle filastrocc­he che tornano all’interno dello spettacolo più volte con un vestito diverso con cui lo spettatore prende confidenza».

Boomers è un termine che ci parla di distanze generazion­ali, di boom economici e di crisi. Di padri e figli. Lei come lo intende?

MP: «Boomers è un termine scorciatoi­a perché oltre a identifica­re la generazion­e dei baby boomer viene utilizzato anche per simboleggi­are un conflitto generazion­ale. E questo conflitto è una brutta semplifica­zione. Io credo che ciascuno debba prendersi le proprie responsabi­lità, che sono sempre individual­i. Non si può mettere alla sbarra una generazion­e e immaginare che la risposta sia quella del processo di Norimberga, nessuno ha ubbidito a degli ordini, esistono delle regole di senso comune, esiste un maledetto conformism­o che fa sì che ci si adegui a un trend generale, ma questo non esime ciascuno a utilizzare il cervello per giudicare le cose. Io sono generazion­almente un boomer, ma non mi assumo responsabi­lità collettive, solo le mie. I boomer non sono tutti uguali, i giovani non sono automatica­mente la soluzione del problema».

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Teatro canzone L’autore e regista Marco Paolini e la cantante Patrizia Laquidara

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