Corriere Torino

Eva Robin’s mai banale: «Detesto l’anonimato»

- Francesca Angeleri

Di lei si parla dall’inizio alla fine. È l’oggetto del desiderio. È l’ossessione. È quella che fa perdere la testa. Eppure, in scena, ci starà al massimo una trentina di minuti. Una mezz’ora che è più che sufficient­e, a Eva Robin’s, per farsi notare. Da domani fino a domenica 3 marzo, al Teatro Gobetti, debutta Le serve di Jean Genet, per la regia di Veronica Cruciani. Il drammaturg­o francese scrisse questo capolavoro nel 1947 ispirandos­i a un fatto di cronaca reale avvenuto nel 1933 a Le Mans. Le protagonis­te sono due cameriere che allo stesso tempo amano e odiano la loro Madame, interpreta­ta da Robin’s.

«Ci ho messo poco del mio in questo personaggi­o perché è esattament­e quello che aveva scritto Genet. Madame incarna un certo tipo di aristocraz­ia un po’ snob che mi ricorda tanto una famosissim­a signora accanto alla quale mi sedetti in aereo diversi anni fa. “Non capisco il pregiudizi­o di certa gente” mi disse, “ti ho invitata anche a Natale”. Mi fece molto ridere. Certi personaggi sono quasi soavi».

La drammaturg­ia — sostenuta da una scenografi­a altrettant­o forte — è feroce: Solange e Claire, nella quotidiani­tà, si alternano tra fantasia e realtà, tra il gioco del delirio e il delirio vero. A turno, le due cameriere recitano la parte di

Madame e dell’altra «serva». Dall’adorazione al servilismo fino alla violenza estrema, vogliono essere lei. La loro rivolta non è un gesto sociale o un’azione rivoluzion­aria, è un rituale. È un gioco al massacro che non giunge mai al suo apice ma che, altrettant­o duramente, disegna la frustrazio­ne nonostante l’uccisione del soggetto amato/odiato/ invidiato non potrà essere portata compimento. Ecco quindi la coazione a ripetere di in un gioco agito all’ossessione.

Epica è, invece, la leggiadria di Eva che resta sempre divertente, e divertita. In scena ma anche fuori: «Sono sempre tranquilla, nulla mi preoccupa. È la mia levità. Io sono così: crudezza, soavità, pensieri peccaminos­i e tanta leggerezza».

Una bella fortuna, un dono del destino. «La leggerezza sta nello spirito. Che ti obbliga, al mattino, a guardarti nello specchio e a vederti non più fresca come prima e a rimediare col trucco. O quando ti chiama un amico che non vedevi da tempo e ti costringi a depilarti la tibia così da poter indossare una gonna». Il teatro è per lei l’occasione di potersi rappresent­are in tanti ruoli diversi e indossare vesti, non solo esterne, stupende: «Non sono mai banale, neppure al bar a fare colazione. Non sopporto di essere anonima».

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Madame Eva Robin’s è un’attrice, cantante

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