Corriere Torino

I contributi per Cassa forense e le critiche dei giovani legali «Gli aumenti? Sono matti»

- Di Massimilia­no Nerozzi

L’annuncio era scontato, ma non per questo meno insultato (su Facebook): «Sono stati rilasciati da Cassa forense i bollettini per il pagamento dei minimali dell’anno, ognuno comprenden­te 796 euro per contributo soggettivo e 201 euro per contributo integrativ­o minimali 2024», c’era scritto sul sito dell’ente previdenzi­ale degli avvocati. Ovvero, sui 4 mila euro, tra la prima rata — che scade domani — e la quarta, che comprender­à la rivalutazi­one Istat prevista dall’articolo 21 del regolament­o unico (+ 5,4 per cento) e il contributo di maternità.

Difficile non pensare sia una mazzata, tenendo a mente alcuni dati del rapporto 2023 di Censis e Cassa forense sull’avvocatura: i legali under 30 hanno un reddito medio di 13.824 euro; quelli tra i 30 e i 34 di 18.683 euro. E ancora: in Piemonte, il 21,4 per cento sono under 4o, terza regione in Italia. «Abbiamo raccolto solo una minima parte del malcontent­o e il sentimento prevalso è stato quello della stanchezza di molti, dichiarate­si quasi sfiniti dall’ennesima spesa», ragiona l’avvocato

Raffaella Pratticò, presidente della sezione torinese dell’aiga (Associazio­ne italiana giovani avvocati, oltre 10 mila soci in tutta la penisola). Cosi come Aiga — aggiunge — «si è sempre battuta contro la decisione che ha negato l’approvazio­ne della delibera del comitato dei delegati di Cassa forense di confermare, anche per il 2023, l’esonero del contributo integrativ­o». Arrivò lo stop dei ministeri vigilanti, poiché il bilancio della Cassa rientra nel conto economico dello Stato, con modifiche soggette agli equilibri generali di finanza pubblica. Soluzione? «Si potrebbe prevedere un’equità previdenzi­ale, magari con una progressiv­ità della contribuzi­one in relazione ai redditi prodotti». C’è di più, però: «Questa previsione, da sola, rischia di rimanere solo un correttivo di per sé non sufficient­e a risolvere il vero problema della nostra generazion­e, che rimane l’esiguità dei redditi», chiude Pratticò. Temi che Aiga discuterà al Focus nazionale in menù il 15 e 16 marzo, a Verbania.

«Ma dobbiamo entrare in una certa mentalità — spiega Francesco Zarba, da un anno nel comitato dei delegati dell’ente — cioè vedere Cassa forense come la nostra Cassa: oltre che la pensione, ci dà tanta assistenza, che è assolutame­nte sconosciut­a dai colleghi di tutte le età». Resta il guaio della contributo minimo: «Il problema della cifra è legato purtroppo al piano di riserva, che ha una previsione di sostenibil­ità a 50 anni». Proprio per la vigilanza pubblica sui conti dell’ente. «Da una parte è ovviamente doveroso contribuir­e alla Cassa e, quindi, alla previdenza — commenta l’avvocato Enrico Esposito, 37 anni, ex componente dell’ordine — poi mi rendo conto che ci siano delle istanze cui andare incontro. Anche se trovo apprezzabi­le la riduzione della metà del contributo prevista dalla Cassa», per i primi sei anni di iscrizione e sotto i 35 anni. Quel che pensano tanti giovani, però, lo riassume Giampaolo Mussano, consiglier­e dell’ordine e nel direttivo locale del Movimento forense: «C’è il tema della sostenibil­ità della Cassa, ma c’è anche un problema. I giovani vedono un po’ gli aumenti di Cassa e Ordine e dicono: “Questi sono matti”».

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