Elettrodi per tornare a camminare La ricerca all’ospedale di Verduno
Brain Spine Interface è la fase due del progetto grazie al quale Michel Roccati si è alzato in piedi
«Alzarmi. Guardarmi e vedermi di nuovo in piedi, sorretto dalle mie gambe. È impossibile descrivere ciò che ho provato in quell’istante. Un misto di gioia, stupore, entusiasmo, paura. O forse, semplicemente, felicità allo stato puro perché per dieci minuti non sono riuscito a dire una parola, né a smettere di osservarmi allo specchio. Il mio sorriso diceva tutto: sono tornato».
Michel Roccati, rimasto paralizzato alcuni anni fa a causa di un incidente in motocicletta, ha ripreso a camminare grazie a un impianto di elettrodi inseriti nel midollo spinale con un intervento operatorio e che funzionano da vero e proprio ponte di comunicazione; un dispositivo wireless di elettrocorticografia, infatti, raccoglie e decodifica gli input in arrivo dalla corteccia motoria primaria, trasmette la stimolazione al midollo spinale attraverso due vettori epidurali, e riattiva i muscoli paralizzati.
La parziale ripresa di mobilità di Michel è possibile grazie ai risultati ottenuti da un ambizioso progetto che coinvolge il Piemonte e la Svizzera e di cui ieri, all’ospedale di Verduno (Cuneo), è stata presentata la seconda fase di ricerca. Si tratta di Brain Spine Interface, studio realizzato dall’università di Losanna e dal Centre Hospitalier Universitaire, sostenuto dalla Fondazione Crt (con 750 mila euro) in collaborazione con la Fondazione Ospedale Alba-bra Onlus. La prima fase del progetto ha puntato alla riabilitazione del movimento degli arti inferiori, come nel caso di Michel. La seconda, invece, al momento in via sperimentale su un solo paziente, punta a restituire il controllo di mani e braccia ai pazienti con lesione al midollo spinale grazie alla creazione di un ponte digitale tra cervello e midollo spinale cervicale. In pratica, gli elettrodi permetteranno al paziente paralizzato di tornare ad avere il controllo volontario degli arti superiori poiché l’attività corticale sarà regolata da stimolazione elettrica del midollo spinale cervicale. Una nuova connessione tra pensiero e attivazione muscolare, in sostanza, che potrebbe portare sia a un miglioramento immediato dei movimenti di braccia a mano, sia a un recupero neurologico duraturo della mobilità grazie a un percorso di riabilitazione disegnato ad hoc.
La fase due della ricerca, che potrebbe aprire la strada anche al trattamento della paralisi degli arti superiori dopo l’ictus, si innesta sul successo ottenuto da due neuroscienziati dell’università di Losanna, Jocelyne Bloch e Grégoire Courtine, che la Fondazione Crt
La sfida
Restituire il controllo di mani e braccia a chi ha avuto lesioni al midollo spinale
«Per dieci minuti non sono riuscito a dire una parola»
(credendo fin dall’inizio nei loro progetti di ricerca) ha presentato alla comunità scientifica italiana, mettendoli in connessione con il mondo accademico, istituzionale e produttivo del Politecnico di Torino. Inoltre, la loro tecnica ha dimostrato come la stimolazione elettrica applicata sulla regione lombosacrale del midollo spinale, associata a programmi di riabilitazione, possa essere efficace anche anni dall’infortunio. Un traguardo importante visto che, secondo dati Inail, ogni anno circa 2 mila le persone che diventano paraplegiche o tetraplegiche a seguito di lesioni al midollo spinale e le terapie di riabilitazione classiche non permettono di recuperare le capacità motorie richieste dalle più semplici attività della vita quotidiana, come nutrirsi o prendersi cura dei propri bisogni personali.