Le manganellate svuotano le piazze colpendo i diritti
Èda giorni che si fanno largo sui nostri cellulari e in televisione — seppur in misura ridotta — le immagini delle cariche della polizia sugli studenti e sulle studentesse di Pisa. Non sono le prime, anche a Torino e in altre città qualche settimana fa, durante le manifestazione in supporto alla Palestina, le forze dell’ordine avevano agito seguendo lo stesso copione. Non si tratterebbe dunque di casi isolati, come il ministro Piantedosi avrebbe affermato, ma di una repressione violenta delle manifestazioni che si è affermata da anni come pratica sotto il nome della cosiddetta «gestione dell’ordine pubblico». I casi di utilizzo della forza sembrano moltiplicarsi e le forze dell’ordine mostrano da tempo, con il loro operato, una gestione a dir poco muscolare delle piazze, spingendoci a riflettere su quanto la repressione del dissenso e delle manifestazioni sia considerata normalità o in alcuni casi un incidente di poco conto. Evidentemente le stesse pratiche di gestione della piazza risultano figlie di un’impostazione che vede i manifestanti come un problema da gestire. Così ciò che resta da proteggere sembra essere una quiete che fa troppo spesso rima con indifferenza e a poco valgono gli appelli di chi ribadisce che le manifestazioni sono la linfa della nostra democrazia. La dialettica democratica non può far a meno della presenza nelle piazze di chi manifesta, ma se le piazze fanno rima con manganellate, allora rischiano di svuotarsi sempre più di quei giovani costantemente appellati come «poco impegnati». Una democrazia in assenza di rivendicazioni nelle piazze risulta monca, poco sana, e vivendo solo di elezioni, connotate da una ritualità, rischia di perdere la capacità di confronto delle istituzioni con chi vorrebbe prospettive diverse. Chi scende nelle piazze non lo fa mai solo per se stesso, ma perché chiede, dietro uno striscione, un cambio di paradigma per la società tutta. I diritti sono come i muscoli, se non si esercitano a un certo punto si atrofizzano, ma un diritto per essere pienamente esercitato dev’essere libero e non agito sotto la paura di un manganello.
La repressione del dissenso viene considerata normale, con questa gestione muscolare delle proteste