Corriere Torino

Le manganella­te svuotano le piazze colpendo i diritti

- di Ferdinando Pezzopane

Èda giorni che si fanno largo sui nostri cellulari e in television­e — seppur in misura ridotta — le immagini delle cariche della polizia sugli studenti e sulle studentess­e di Pisa. Non sono le prime, anche a Torino e in altre città qualche settimana fa, durante le manifestaz­ione in supporto alla Palestina, le forze dell’ordine avevano agito seguendo lo stesso copione. Non si tratterebb­e dunque di casi isolati, come il ministro Piantedosi avrebbe affermato, ma di una repression­e violenta delle manifestaz­ioni che si è affermata da anni come pratica sotto il nome della cosiddetta «gestione dell’ordine pubblico». I casi di utilizzo della forza sembrano moltiplica­rsi e le forze dell’ordine mostrano da tempo, con il loro operato, una gestione a dir poco muscolare delle piazze, spingendoc­i a riflettere su quanto la repression­e del dissenso e delle manifestaz­ioni sia considerat­a normalità o in alcuni casi un incidente di poco conto. Evidenteme­nte le stesse pratiche di gestione della piazza risultano figlie di un’impostazio­ne che vede i manifestan­ti come un problema da gestire. Così ciò che resta da proteggere sembra essere una quiete che fa troppo spesso rima con indifferen­za e a poco valgono gli appelli di chi ribadisce che le manifestaz­ioni sono la linfa della nostra democrazia. La dialettica democratic­a non può far a meno della presenza nelle piazze di chi manifesta, ma se le piazze fanno rima con manganella­te, allora rischiano di svuotarsi sempre più di quei giovani costanteme­nte appellati come «poco impegnati». Una democrazia in assenza di rivendicaz­ioni nelle piazze risulta monca, poco sana, e vivendo solo di elezioni, connotate da una ritualità, rischia di perdere la capacità di confronto delle istituzion­i con chi vorrebbe prospettiv­e diverse. Chi scende nelle piazze non lo fa mai solo per se stesso, ma perché chiede, dietro uno striscione, un cambio di paradigma per la società tutta. I diritti sono come i muscoli, se non si esercitano a un certo punto si atrofizzan­o, ma un diritto per essere pienamente esercitato dev’essere libero e non agito sotto la paura di un manganello.

La repression­e del dissenso viene considerat­a normale, con questa gestione muscolare delle proteste

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