«La migliore risposta all’odio? Scelgo la musica e l’amore»
La prima volta a Torino per la leggenda della dance Nicky Siano Porta le notti newyorchesi a Seeyousound e un dj set a Off Topic
«Il film non poteva che chiamarsi “Love Is The Message”, che divenne l’inno del Gallery e ancora oggi è la canzone che più mi identifica. Perfetta anche per il presente: c’è troppo odio in giro, troppa propaganda, abbiamo bisogno che le persone tornino a parlare d’amore come ai tempi di Gesù».
Parola di Nicky Siano. Tra disco music e spiritualità, ricordi della gloriosa New York dance degli anni 70 e desiderio di continuare a (far) ballare, il leggendario dj di Brooklyn stasera sarà per la prima volta a Torino, impegnato in un doppio evento: alle 18 al Massimo per presentare la proiezione a Seeyousound di «Love Is The Message: A Night at the Gallery», il film che racconta con immagini d’epoca il celebre club di Soho. Quindi trasferimento a Off Topic, per un dj set con inizio alle 23 (con Teo Lentini e Lele Sacchi).
Di cosa parla Love Is The Message?
«Offre allo spettatore la possibilità di scoprire cosa succedeva quando trascorrevi una notte al Gallery. Con le testimonianze di persone che ricordano cosa ha significato per loro il club e come ha cambiato le loro vite, aiutandoli ogni sabato sera a ricaricare le batterie dopo una settimana di lavoro e in vista di quella successiva».
La musica era così potente?
«Rispondo con un esempio di qualche anno precedente: “What’s Going On” di Marvin Gaye. Cosa cantava Marvin e noi con lui? Che la guerra non portava da nessuna parte, che l’unica risposta all’odio era
l’amore. E quel disco uscì poco più di un anno prima della fine del conflitto in Vietnam».
Dopo il Gallery lei è stato dj resident anche allo Studio 54, una discoteca ancora più famosa, frequentata da molte celebrità. Due capitoli della stessa storia?
«No, due storie diverse. Lo Studio 54 è stata la commercializzazione della scena disco di cui il Gallery fu l’inizio. Si presero alcuni elementi e li si rese più grandi, luminosi e redditizi, senza però cogliere lo stesso spirito musicale. A New York riuscì a farlo solo Larry Levan al Paradise Garage».
Anche al Gallery passarono molti personaggi famosi. Quali ricorda?
«Siamo stati i primi a far cantare dal vivo Grace Jones e Loleatta Holloway, mentre a ballare venivano Patti Labelle, David Bowie, Mick Jagger, i
Queen e molti altri. Tutti volevano scoprire cosa succedeva lì il sabato sera. Il mio ricordo più vivido è il debutto di Loleatta Holloway (scomparsa nel 2011): ero in postazione, avevo messo “Love in C Minor” di Cerrone, le ho passato il microfono e le ho detto “dai, cantaci sopra qualcosa”. Lei ha iniziato a fare dei vocalizzi e, giuro, la sala è impazzita».
Siano è un cognome italiano?
«Sì, i miei genitori sono di Napoli, mio padre vi è proprio nato. Torno spesso in Italia ma è la prima volta che suono a Torino, sebbene conosca bene la sua storia e quella della Sacra Sindone. Purtroppo non potrò visitare la città, ho il weekend fitto di serate».
Sa già cosa suonerà?
«No, non posso saperlo. Probabilmente mescolerò classici con un po’ di musica nuova, ma ogni dj set è
un’esperienza in comunione con il pubblico: non sono io che faccio divertire gli altri, ci divertiamo tutti assieme ed è l’atmosfera a determinare la musica. A volte entro in sala pensando di suonare qualcosa e dopo dieci minuti cambio tutti i programmi».
Tra le immagini del film e il dj set ci sarà un salto di 47 anni. Quali sono la più grande differenza e somiglianza tra una serata dance nel 1977 e una nel 2024?
«La differenza è nel modo in cui si balla. Oggi si formano tanti piccoli gruppetti, mentre al Gallery era davvero come se ci fosse un unico corpo in movimento. La somiglianza è che le persone amano sempre la buona musica. E quando la riconoscono, scatta automatico un sorriso. Oggi come allora».